N.6 2023 - Biblioteche oggi | Settembre 2023

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Cultura, contratti e condizioni di lavoro - Open Access

Maddalena Battaggia

Sapienza Università di Roma; maddalena.battaggia@uniroma1.it

Agnese Bertazzoli

Sapienza Università di Roma; agnese.bertazzoli@uniroma1.it

Anna Bilotta

Università degli studi di Salerno; abilotta@unisa.it

Chiara Faggiolani

Sapienza Università di Roma; chiara.faggiolani@uniroma1.it

Analisi della situazione occupazionale delle biblioteche marchigiane

Le autrici condividono i contenuti del contributo nel suo insieme. Si precisa che va attribuito a Chiara Faggiolani il paragrafo 1. La cornice di riferimento e il grande assente: il sistema del benessere dei bibliotecari; a Maddalena Battaggia il paragrafo 2. Progettazione, struttura e nota metodologica dell’indagine AIB Marche-BIBLAB; ad Agnese Bertazzoli il paragrafo 3. Tre profili emergenti: il bibliotecario multitasking, il bibliotecario multipurpose e il bibliotecario ghoster; ad Anna Bilotta il paragrafo 4. Dentro le parole dei bibliotecari: quanto ancora potranno resistere?; alle autrici insieme il paragrafo 5. Conclusioni. Un ringraziamento particolare a Eleonora Moccia che ha contribuito a questo lavoro di ricerca. Ultima consultazione siti web: 6 giugno 2023.

Abstract

Le biblioteche stanno attraversando una profonda transizione. Negli ultimi anni, la natura della biblioteca come  infrastruttura chiave per il benessere delle persone è stata messa sempre più al centro della riflessione. Ma possiamo
pensare alle biblioteche come infrastrutture fondamentali per migliorare la qualità della vita delle persone senza considerare le condizioni di lavoro dei bibliotecari? Il progetto “Cultura, contratti e condizioni di lavoro.
Analisi sulla situazione occupazionale delle biblioteche marchigiane“ commissionata dalla Sezione Marche del
l'AIB a BIBLAB ci ha permesso di riflettere su questo tema, e di capire che non possiamo studiare le biblioteche
e progettare il loro impatto senza considerare i loro lavoratori.

English abstract

Libraries are going through a profound transition. In recent years, the nature of the library as a key infrastructure for people’s well-being has increasingly been put at the centre of reflection. But can we think of libraries as fundamental infrastructure to improve people’s quality of life without considering the working conditions of librarians? The project ‘Culture, contracts and working conditions. Analysis of the employment situation of Marche libraries’ commissioned by the Marche Section of the AIB to BIBLAB allowed us to reflect on this topic, and to understand that we cannot study libraries and design their impact without considering their workers.

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La cornice di riferimento e il grande assente: il sistema del benessere dei bibliotecari

Spesso diciamo che le biblioteche stanno attraversando una profonda transizione. Se vogliamo provare a sintetizzarla possiamo rintracciare quattro tratti caratterizzanti interdipendenti e connessi. Il primo ha a che vedere con i fatti: si stanno realizzando importanti progetti biblioteconomici che prenderanno il via a partire dal PNRR e che apriranno le porte al pubblico non prima del 2026: penso al grande progetto della Biblioteca Europea di Informazione e Cultura (Beic) a Milano, alla nuova Biblioteca Civica di Torino e ai nuovi Poli civici culturali e di innovazione a Roma fortemente voluti dall’assessore Miguel Gotor, solo per fare alcuni esempi. Non credo sia esagerato dire che stanno prendendo forma le biblioteche del futuro. Il secondo ha a che vedere con i documenti che esprimono la visione di biblioteca pubblica del presente (anche in questo caso con uno sguardo al futuro). Penso al Manifesto IFLA-UNESCO uscito nell’estate del 2022 e alla Carta di Milano delle biblioteche che, infatti, richiama esplicitamente i principi e la visione affermata nel Manifesto stesso. Frattanto alcuni documenti ‘esterni’ al nostro settore richiamano sempre di più in modo esplicito il ruolo della lettura e delle biblioteche tra i determinanti sociali della salute. Uno su tutti, l’Atlante dell’infanzia a rischio di Save the Children che esplicita le importanti ricadute di progetti come Nati per leggere sullo stato di benessere di bambini, bambine e adolescenti.

Collegato a questo il terzo tratto, ovvero il consolidarsi di una linea di ricerca intorno al concetto di biblioteca, infrastruttura del quotidiano, come nodo del sistema del benessere in una prospettiva fortemente interdisciplinare. Inevitabilmente richiamo i lavori del Laboratorio di biblioteconomia sociale e ricerca applicata alle biblioteche (BIBLAB) della Sapienza Università di Roma, del quale in queste pagine presentiamo una delle tante progettualità in corso. Infine, il quarto tratto ha a che vedere con i dati: una imponente quantità di dati riconducibili allo straordinario lavoro dell’Istat degli ultimi anni e non solo.

Dati che riguardano le strutture – penso al lavoro della Direzione centrale per le statistiche ambientali e territoriali con i censimenti delle biblioteche – dati che riguardano gli utenti, la loro frequentazione delle biblioteche e anche dati che lasciano emergere le ricadute che le biblioteche hanno nella vita delle persone che le frequentano. Ma praticamente nulla sui bibliotecari o meglio su quelle dimensioni che, andando oltre gli aspetti prettamente quantitativi, ci permettono di rintracciare le criticità, le difficoltà, ma anche i punti di forza di uno degli asset strategici delle biblioteche, anzi direi del principale.

Si può davvero parlare di biblioteche come nodo del sistema del benessere se non abbiamo una visione chiara del sistema del benessere dei professionisti? Possiamo davvero immaginare le biblioteche del futuro senza una riflessione attenta sullo stato della professione in Italia?

Progettazione, struttura e nota metodologica dell’indagine AIB Marche-BIBLAB

Grazie a Istat negli ultimi anni il mondo bibliotecario ha avuto a disposizione una grande, e inedita rispetto al passato, quantità di dati per indagare, osservare e analizzare le biblioteche italiane. Tuttavia, come anticipato, questa moltitudine di dati di differente natura cela un grande assente: il bibliotecario. Attualmente, infatti, i dati nazionali a nostra disposizione permettono solo di conoscere il numero di alcune ‘tipologie’ di bibliotecario e di comprendere quanti bibliotecari sono interni, quanti esterni, quanti sono collaboratori e consulenti, e quanti invece i volontari.

Questa assenza implica una lettura del contesto bibliotecario italiano inevitabilmente parziale in quanto mancano informazioni relative a una delle leve fondamentali delle biblioteche: i professionisti che le animano. È il bibliotecario, infatti, che mediante l’esercizio dei suoi diversificati servizi permette di fatto la loro vitalità. Il dato numerico relativo alla quantità di addetti permette senza dubbio di constatare la sostanziale esiguità di risorse umane presenti nei nostri istituti bibliotecari, ma non racconta nulla relativamente alla formazione, alle condizioni lavorative e contrattuali, alla soddisfazione lavorativa.

Il dato numerico non permette quindi di comprendere in profondità le dinamiche interne che determinano ciò che accade nelle biblioteche nella loro dimensione fisica, ma anche in quella digitale.

A fronte di tutto questo la Sezione Marche dell’Associazione italiana biblioteche in carica nel triennio appena concluso (mandato 2020-2023) si è dimostrata allo stesso tempo estremamente lucida, nell’individuare un’area di ricerca perlopiù inesplorata, e lungimirante, nel comprendere l’assoluta necessità di analizzare le condizioni lavorative degli addetti per progettare l’impatto delle biblioteche nel nostro futuro prossimo e non solo. Fils rouges dell’intera indagine sono stati la condivisione e il confronto costante tra la Sezione AIB Marche e il gruppo di ricerca BIBLAB nella consapevolezza che l’integrazione di competenze e conoscenze differenti avrebbe rappresentato la strada più proficua per giungere a una comprensione sfaccettata e ricca delle diverse complessità che toccavano, e toccano tutt’oggi, il contesto occupazionale delle biblioteche marchigiane. Il primo passo compiuto è stato quello di individuare la tipologia di addetti a cui rivolgere l’indagine, scelta che ha determinato gli obiettivi di ricerca, le ricadute perseguite, e gli strumenti di rilevazione adottati.

Fin da subito il gruppo di ricerca AIB Marche-BIBLAB si è fatto persuaso che l’indagine avrebbe rappresentato un’occasione unica per poter osservare le tante e differenti sfumature che assume il lavoro bibliotecario.

Si è deciso dunque di percorrere una strada complessa che ha previsto la costruzione di un progetto secondo un disegno di ricerca basato su un approccio misto sequenziale esplicativo volto a indagare le condizioni lavorative di tutti coloro che svolgevano, o avevano svolto in passato, un’attività lavorativa anche non retribuita nelle biblioteche marchigiane.

La ricerca è stata quindi articolata in due differenti e conseguenti fasi.

La prima fase si è posta l’obiettivo di mappare e fotografare la situazione occupazionale delle biblioteche marchigiane mediante lo strumento del questionario quanti-qualitativo con la finalità di raccogliere dati utili relativi alle forme di contratto in uso nelle diverse biblioteche marchigiane sia pubbliche che private; alle condizioni lavorative; alle forme di volontariato; alle competenze e ai bisogni formativi dei lavoratori e dei volontari e alla loro soddisfazione nei confronti dell’attività svolta. Alcune domande specifiche sono state inoltre rivolte a coloro che avevano lavorato nelle biblioteche marchigiane in passato ma che al momento della compilazione non prestavano servizio in alcuna biblioteca.

Per quanto riguarda la scelta dello strumento di rilevazione, si è deciso di servirsi del questionario quanti-qualitativo in quanto esso permette mediante domande ‘a risposta chiusa’ di ottenere dati statisticamente confrontabili, ma allo stesso tempo consente, grazie a domande ‘a risposta aperta’, di dare ai rispondenti uno spazio di riflessione ed espressione capace talvolta di far emergere dati non esplicitamente indagati dal gruppo di ricerca, aspetto caratterizzante la ricerca qualitativa.

In questo spazio merita un breve accenno la sezione del questionario dedicata alla soddisfazione lavorativa: si è perseguita la volontà di dedicare un’intera area a questo tema in quanto essa può determinare conseguenze a livello micro, del lavoratore in termini di produttività e di benessere, a livello meso, dell’organizzazione-biblioteca in termini di servizio erogato all’utenza, e a livello macro, della società in termini di frequentazione stessa delle biblioteche. La dimensione della soddisfazione lavorativa risulta dunque particolarmente importante perché è trasversalmente collegata a tutte le altre dimensioni essendone causa, concausa o conseguenza: difficili condizioni lavorative possono incidere infatti sulla soddisfazione lavorativa e conseguentemente sull’affezione nei confronti della propria attività lavorativa o sulla volontà di continuare a formarsi e di accrescere il proprio bagaglio di competenze.

Il questionario è stato somministrato tra il 14 novembre e il 31 dicembre 2022 attraverso l’applicazione Google Form.

Uno dei presupposti alla base della costruzione del questionario è stato quello di intenderlo non solo come strumento utile al gruppo di ricerca AIB Marche-BIBLAB per raccogliere dati, ma come vero e proprio strumento e opportunità per i lavoratori delle biblioteche marchigiane per riflettere su sé stessi e sul proprio lavoro. A tal fine sono stati organizzati due momenti di confronto con i bibliotecari, i volontari e gli ex lavoratori delle biblioteche marchigiane. Nel corso del primo incontro, svoltosi il 7 novembre 2022, dunque prima della pubblicazione del questionario, i partecipanti hanno assistito alla presentazione del questionario e hanno avuto la possibilità di confrontarsi con il gruppo di ricerca e di suggerire possibili modifiche e integrazioni. Il secondo incontro invece, svoltosi il 5 dicembre 2022, è stato organizzato con il fine di sensibilizzare i bibliotecari e i volontari alla compilazione del questionario e di rispondere ad eventuali dubbi su di esso.

La seconda fase del progetto di ricerca si è invece posta l’obiettivo di approfondire alcuni dei temi emersi dal questionario indagando in profondità il sentire dei professionisti di biblioteca nei confronti della professione, delle condizioni di lavoro, delle aspettative soddisfatte o insoddisfatte, dei cambiamenti percepiti all’interno della professione e del lavoro in biblioteca. Si è voluto inoltre portare i bibliotecari a riflettere sul futuro chiedendo loro di immaginare il proprio ruolo in prospettiva e di interrogarsi sul concetto di ‘responsabilità’ intesa come convinzione nella capacità di poter incidere, mediante l’esercizio della propria attività lavorativa, sulla vita della comunità.

In questo caso lo strumento di raccolta dati più adeguato agli obiettivi è stato individuato nell’intervista qualitativa semi-strutturata. Questa tipologia di intervista prevede una traccia con alcune domande predefinite da porre a tutti gli intervistati. Il resto dell’intervista lascia invece ampio spazio all’intervistato che può liberamente approfondire i temi da lui ritenuti più significativi. In questo modo quindi i bibliotecari, stimolati dalle domande delle ricercatrici, hanno avuto l’opportunità di spaziare e di affrontare i temi ‘caldi’ relativi alla propria attività lavorativa. Importante sottolineare che non solo le risposte, ma anche il modo di formularle, il linguaggio utilizzato, le pause, le reazioni emotive dell’intervistato possono diventare dati su cui il ricercatore deve riflettere al fine di interpretare nel migliore dei modi i dati emersi dall’intervista.

Le interviste sono state tutte videoregistrate, previo consenso degli intervistati, trascritte e codificate attraverso il software Atlas.ti. Atlas.ti è un software per l’analisi dei dati testuali che permette di gestire, estrarre, comparare, esplorare e combinare porzioni e insiemi di dati in maniera sistematica. Il processo di codifica, che consiste nell’individuazione di brani testuali cui viene assegnata un’etichetta (tecnicamente ‘codice’), permette di confrontare brani testuali provenienti da differenti intervistati che presentano la medesima etichetta. In questo modo, mediante un processo ricorsivo di continua analisi e ri-analisi di ogni dato alla luce dei dati raccolti in precedenza è possibile giungere, mediante un processo di astrazione, all’individuazione e alla formulazione di una teoria emergente.

L’intervista qualitativa semi-strutturata prevede un campionamento ‘a scelta ragionata’: i bibliotecari intervistati non sono stati individuati a priori all’inizio dell’indagine, ma con il procedere dell’indagine, in base alle esigenze conoscitive del gruppo di ricerca e sulla base di determinate e specifiche caratteristiche. Inizialmente era stata immaginata, come ricaduta successiva a queste due fasi, una terza fase della ricerca che avrebbe dovuto prevedere la costruzione di percorsi formativi ‘sartoriali’ ovvero su misura rispetto alle esigenze formative dei partecipanti all’indagine emerse nelle due fasi precedenti. Rispetto a quest’ultimo punto si condividerà una riflessione nella parte conclusiva di questo contributo.

Tre dimensioni emergenti dell’attività bibliotecaria: il bibliotecario multitasking, il bibliotecario multipurpose e il bibliotecario ghoster

La prima fase del progetto di ricerca aveva l’obiettivo di mappare le condizioni di lavoro, la soddisfazione lavorativa, le competenze e i bisogni formativi delle persone che operano nelle biblioteche delle Marche. Tutto ciò è stato possibile grazie a un questionario, che ha permesso di raccogliere i dati che saranno discussi nel presente paragrafo. Anticipiamo subito, però, che il fine del paragrafo non è tanto quello di presentare uno a uno i risultati dell’analisi dei dati raccolti. Vogliamo invece usare questo spazio per raccontare come un’indagine nata con precisi obiettivi ha in realtà permesso di fare un passo in avanti rispetto alle ipotesi che avevano guidato la progettazione della ricerca e di individuare alcune dimensioni latenti dell’attività bibliotecaria.

Questo cambio di prospettiva è stato reso possibile dalla scelta di adottare l’approccio misto evocato nel paragrafo precedente, che come scritto ha caratterizzato tutta la ricerca e che nella sua prima fase si è tradotta nella costruzione di un questionario quanti-qualitativo.

La prima fase della ricerca muoveva dall’ipotesi che le persone che prestano servizio nelle biblioteche delle Marche potessero essere ricondotte a tre profili, individuati dal gruppo di ricerca e definiti come segue:

  1. il lavoratore: una persona che svolge un’attività retribuita in almeno una biblioteca delle Marche;
  2. il volontario: una persona che svolge un’attività di volontariato, in maniera completamente gratuita, in almeno una biblioteca delle Marche;
  3. l’ex lavoratore: una persona che in passato ha svolto un’attività lavorativa nelle biblioteche delle Marche, ma che attualmente non vi lavora più, in seguito a un trasferimento in altra regione o alla conclusione del rapporto di lavoro.

Proprio a partire da questi tre profili è stato strutturato il questionario, che prevedeva percorsi in parte differenziati a seconda dell’appartenenza del rispondente a un profilo rispetto a un altro. Questi medesimi profili, poi, hanno guidato l’analisi dei dati, che inizialmente ha tenuto distinti i risultati riconducibili ai lavoratori, ai volontari e agli ex lavoratori. Anche in questa sede, in un primo momento, seguiremo la suddivisione in profili per restituire i principali risultati della prima fase della ricerca.

Al questionario hanno risposto 226 persone: la maggioranza (82,1%) è costituita da lavoratori delle biblioteche marchigiane, decisamente più contenuto il numero di volontari ed ex lavoratori (rispettivamente, 13,8% e 4,1%). Ciascuno dei tre profili potrebbe essere presentato attraverso i numerosi dati statistici e testuali raccolti per mezzo del questionario; in questa sede adottiamo invece il metodo personas, per mezzo del quale assoceremo a ogni profilo un archetipo, un ‘personaggio’ che non corrisponde a un preciso rispondente, ma che è costruito a partire dai dati e che consente di “visualizzare un modello, superando numeri e statistiche che descrivono preferenze e comportamenti generici”. L’adozione di questo metodo è stata resa possibile dalla disponibilità di dati quantitativi e qualitativi insieme. Tale combinazione ha consentito di conoscere in profondità le variabili sociodemografiche e psicografiche di chi ha compilato il questionario e di usarle per comporre un archetipo che riassuma in sé i principali tratti emersi dall’analisi delle risposte.

L’archetipo dei lavoratori delle biblioteche marchigiane è una bibliotecaria che ha tra i 40 e i 59 anni, ha studiato all’università, ma non ha una formazione specificamente biblioteconomica. Attualmente presta servizio in un’unica biblioteca, una biblioteca di ente locale che ogni giorno raggiunge in massimo 30 minuti. Ha un contratto a tempo indeterminato; guadagna tra i 5 e i 12 euro l’ora e giudica il rapporto tra le sue mansioni e la retribuzione appena sufficiente.

Per quanto riguarda le sue competenze, di cui si ritiene complessivamente piuttosto soddisfatta e che aggiorna seguendo corsi di formazione, la nostra bibliotecaria si sente particolarmente ferrata sui servizi al pubblico, mentre dice di aver bisogno di formazione nell’ambito del digitale e delle tecnologie in biblioteca, nonché della comunicazione.

In biblioteca si occupa della gestione anagrafica e dei prestiti, ma anche degli acquisti e degli inventari e del servizio di reference. Desidererebbe dedicarsi anche ad altri servizi, ma ritiene di non avere abbastanza tempo, e spesso di non essere abbastanza competente, per farlo.

Cultura, libri e lettura, ma anche passione e servizio: il lavoro in biblioteca, per lei, è questo. Le aspettative che aveva quando ha iniziato a lavorare in biblioteca sono state solo in parte soddisfatte, perché – ci racconta – “mi piace molto quello che faccio, ma purtroppo economicamente non posso essere autonoma” e “perché gli amministratori non percepiscono il lavoro che c’è dietro” la biblioteca, generando frustrazione. Sarebbe decisamente più soddisfatta del lavoro in biblioteca se ricevesse un compenso maggiore, ma anche un maggior riconoscimento professionale, soprattutto da parte dei decisori.

L’archetipo dei rispondenti che svolgono un’attività di volontariato nelle biblioteche delle Marche è una volontaria che ha più di 55 anni e che è una grandissima appassionata di libri. Infatti, ci racconta che presta servizio in biblioteca “perché credo nel valore formativo della lettura attraverso l’implementazione del patrimonio librario”, oltre che “per rendere un servizio a favore della collettività e per dare un senso alla pensione”. I libri e il servizio alla comunità sono non solo i motivi che l’hanno spinta a fare volontariato, ma anche ciò che la rende ampiamente soddisfatta della propria attività. Bambini, conoscenza, comunicazione, lettura, curiosità e libri sono le parole che associa al volontariato in biblioteca. Si occupa della gestione dell’anagrafica, dei prestiti e anche di attività organizzative e di progettazione.

Infine, l’archetipo degli ex lavoratori è una giovane donna che ha meno di 45 anni. Si è laureata e ha continuato a formarsi frequentando corsi di ambito bibliotecario o culturale. Ha lavorato per un po’ di tempo nelle biblioteche marchigiane, ma poi ha smesso perché ha trovato un lavoro migliore in un altro ambito o in un’altra regione. Una scelta più che comprensibile, se si considera che questa ex lavoratrice valuta come decisamente insufficienti la sua soddisfazione nei confronti dell’attività lavorativa svolta in biblioteca, ma soprattutto il rapporto tra mansioni svolte e retribuzione:

Sì, da una parte ho avuto la soddisfazione di svolgere questo lavoro, offrendo un buon servizio (per quanto possibile) e avendo un positivo riscontro da parte dell’utenza, ma dall’altra le condizioni erano difficili. Locale molto piccolo, […] Spazio non adeguato […] Scarso interesse da parte dell’Amministrazione comunale […].

I tre archetipi che sono appena stati presentati costituiscono uno dei possibili esiti dell’analisi dei dati raccolti per mezzo del questionario: un’analisi svolta in maniera verticale per ognuno dei tre profili ipotizzati a inizio ricerca. La compresenza di dati quantitativi e qualitativi e il loro attento esame ha però permesso di individuare alcune dimensioni che sono in parte trasversali rispetto ai tre profili. Ecco alcuni dei dati dalla cui analisi ha avuto avvio questo capovolgimento dell’analisi, da verticale a trasversale:

  1. quasi tutti i lavoratori si dedicano a più di un servizio o di un’attività in biblioteca;
  2. nonostante la maggioranza dei rispondenti lavori solo in biblioteca, una percentuale consistente (28%) svolge almeno un’altra attività lavorativa;
  3. gran parte dei rispondenti riferibili al profilo dei lavoratori assomiglia all’archetipo descritto; numerose, però, sono anche le persone che raccontano una situazione completamente opposta: precarietà, inquadramenti contrattuali e retribuzione totalmente inadeguati, insoddisfazione verso tutti gli aspetti dell’attività lavorativa e un senso diffuso di frustrazione, “perché abbiamo una paga da fame”:

Le ore sono tante, i turni sono lunghi, le biblioteche sono fredde in inverno e calde in estate, i fine settimana sono fine settimana, i serali sono serali e quello che arriva in busta paga alla fine del mese parte da una base troppo bassa, relazionata agli anni di studi, lauree, formazioni, master ecc.

4. circa il 25% dei lavoratori (e il 62,1% dei volontari) non vorrebbe occuparsi di altri servizi o attività, oltre a quelli già svolti;

5. la soddisfazione dei lavoratori e dei volontari nei confronti dell’attività in biblioteca appare strettamente legata alla loro convinzione di svolgere un servizio di grande responsabilità, che rappresenta un investimento sui giovani e sul futuro delle comunità.

L’esame di questi e altri dati, che non potevano essere valorizzati né pienamente compresi con un’analisi verticale sui tre profili, ha invece permesso di individuare delle vere e proprie dimensioni latenti dell’attività bibliotecaria: quelle del bibliotecario multitasking (legata al punto 1), del bibliotecario multipurpose (punti 2 e 3), del giovane bibliotecario che tende ad abbandonare la professione che in modo provocatorio qui chiameremo “ghoster” e la dimensione della responsabilità e della fiducia nel futuro (punti 4 e 5). Ognuna di queste dimensioni vuole rappresentare non un segmento di persone che operano in biblioteca (come invece i tre profili), ma una sfaccettatura dell’attività bibliotecaria che apre nuovi interrogativi e che meritava di essere indagata nella seconda fase della ricerca per comprendere davvero la situazione occupazionale delle biblioteche marchigiane.

In particolare, il bibliotecario multitasking è il bibliotecario che si occupa di tanti e diversi servizi in biblioteca (a volte tutti): quanto incide questa dimensione sul benessere del lavoratore? È frutto di una scelta o di una situazione emergenziale? Cosa comporta in termini di competenze richieste? È una condizione adeguatamente supportata a livello di formazione?

Il bibliotecario multipurpose, invece, è colui che al lavoro in biblioteca è costretto ad associare un’altra attività per potersi mantenere: si tratta di una condizione sostenibile, in termini di benessere dell’individuo? E il fatto di occuparsi anche di altro arricchisce la professionalità o la impoverisce? “Non mi sento soltanto una bibliotecaria”, si racconta una rispondente: il bibliotecario multipurpose è un bibliotecario o un professionista ‘ibrido’?

La dimensione del giovane bibliotecario ghoster che tende ad abbandonare una professione che non gli garantisce stabilità né indipendenza economica è legata al particolare contesto sul quale si concentra la ricerca o ci racconta invece un allontanamento generazionale? Infine, la responsabilità e la fiducia sono due dimensioni che dall’analisi dei dati sono emerse come elementi che incidono non solo sulla soddisfazione lavorativa, ma anche sulla spinta a dedicarsi a servizi e progetti sempre nuovi e a formarsi. Con responsabilità facciamo riferimento alla consapevolezza di svolgere un servizio importante, che ha ricadute consistenti sulla comunità; con fiducia intendiamo la capacità di guardare al futuro da parte del futuro del professionista o del volontario che opera in biblioteca e che è convinto che il proprio servizio contribuisca al miglioramento della vita degli individui e della società. Quanto contano, allora, queste dimensioni? E quali sono il senso di responsabilità e la fiducia nel futuro dei bibliotecari, oggi?

Dentro le parole dei bibliotecari: quanto ancora potranno resistere?

Per progettare la seconda fase della ricerca di stampo qualitativo siamo partite dall’analisi di alcune dimensioni emerse dall’analisi del questionario.

Un primo aspetto fondamentale è la formazione. Si tratta prevalentemente, come detto, di persone che hanno fatto studi in ambito umanistico (Lettere, Beni culturali) e successivamente hanno acquisito titoli specialistici in biblioteconomia, o comunque hanno intrapreso percorsi di ulteriore specializzazione e formazione professionale (diversi intervistati hanno svolto anche attività di tirocinio, stage e servizio civile in biblioteca prima di trovare maggiore stabilizzazione). Emerge con forza l’importanza dello studio, della professionalizzazione e dell’aggiornamento costante.

Ciò si collega strettamente al ruolo del bibliotecario, rispetto al quale una distinzione fondamentale che fanno gli intervistati è tra il bibliotecario ‘vero’, cioè il professionista delle biblioteche che ha studiato per questo e che si sente bibliotecario, e chi si trova a lavorare in biblioteca per esigenza o per caso e che non riesce a percepire pienamente la ricaduta del suo lavoro sulla comunità.

Chi si trova a svolgere contemporaneamente più mansioni, sia di back office che di front office, quello che abbiamo definito il bibliotecario multitasking, non risponde necessariamente a una situazione emergenziale, anzi ciò può rappresentare un arricchimento in termini di competenze:

ci teniamo a mantenere anche il contatto diretto con gli utenti quindi a fare non solo attività di back office ma anche front office […] io trovo che svolgendo entrambe le cose si riescano a cogliere tutti gli aspetti del lavoro del bibliotecario quindi […] la trovo una cosa abbastanza proficua, riesco ad avere una visione di insieme.

Occuparsi di diverse mansioni comporta anche maggiori responsabilità e un carico di lavoro che può diventare faticoso e andare oltre quanto previsto dai contratti (e che non sempre ha un giusto corrispettivo economico). Chi riveste ruoli di responsabilità si occupa spesso della progettazione e del coordinamento di progetti ma si trova anche a sbrigare questioni burocratiche e amministrative e, di conseguenza, a dover acquisire anche competenze finanziarie, giuridiche, manageriali. Si tratta di questioni che occupano molto tempo ma che è fondamentale gestire con attenzione per interloquire al meglio con gli enti di appartenenza.

Un altro aspetto cruciale è il precariato e la difficoltà di trovare una stabilizzazione, condizione che a volte ha portato a lasciare il lavoro bibliotecario e/o il territorio marchigiano:

dopo tanti anni di attesa, di tentativi, di contratti sempre parziali ovviamente c’era anche una componente di frustrazione […] ogni tanto ho un senso di nostalgia, a volte anche a me è capitato di pensare come sarebbe stato se avessi continuato però vedo comunque anche nelle persone che ancora adesso lavorano […] che prevale un grande senso di frustrazione e di poco riconoscimento.

Il problema della stabilizzazione si collega a quello della fiducia e della soddisfazione lavorativa, che a lungo andare possono venire meno:

All’inizio ci credi molto [...] poi dopo comunque le condizioni di lavoro sono abbastanza avvilenti perché noi abbiamo avuto per due anni il contratto a prestazione occasionale, poi dopo siamo passati a un contratto con la cooperativa, ogni tot anni ti scade il contratto e quindi è una lotta tra poveri per avere più ore, per avere più garanzie e alla fine non ottieni niente quindi tutto questo si rispecchia nel lavoro, tu non lo fai più con passione perché alla fine tu sei soltanto una pedina, un numero, bisogna fare tot eventi, bisogna fare tot iniziative, devi catalogare tot libri.

In generale gli intervistati riconoscono una base comune al lavoro del bibliotecario a prescindere dalla tipologia di biblioteca, anche se ciascuna biblioteca ha le sue specificità date dal contesto, inteso come territorio e come ente di appartenenza. La biblioteca ‘diventa specchio della realtà in cui sei’ e ciò influenza le competenze richieste ai bibliotecari che ci lavorano.

Per quanto riguarda le specificità, una biblioteca comunale è una palestra, una piazza, così come per le biblioteche accademiche sono fondamentali il supporto alla ricerca e alla didattica, anche se le attività di terza missione (presentazioni di libri, seminari, incontri aperti alla cittadinanza) le stanno facendo avvicinare di più alle biblioteche pubbliche.

Rispetto all’impatto della professione, si tratta di un concetto sfuggente e dalle diverse declinazioni. Se sulla comunità accademica la biblioteca ha un impatto, per così dire, connaturato in termini di supporto alla didattica e alla ricerca e di spazio fisico per lo studio, le biblioteche pubbliche rivestono un ruolo indispensabile come spazi pubblici di aggregazione e di formazione. Non solo impatto sociale ma anche impatto economico perché le biblioteche comportano un risparmio nella quotidianità delle persone, grazie al prestito e alla gratuità dei servizi. L’impatto non è sempre facile da comunicare e da far riconoscere, in particolare ai decisori:

fin dove hai un forte impatto che è quello di tenere aperta la biblioteca ragazzi per cui i ragazzini ti vengono, finché hai il ruolo di partecipare o di organizzare la rassegna con i grandi nomi per cui ti si riempie la piazza o il teatro [...], finché fai queste azioni sei considerato e l’impatto viene avvertito sia sulla comunità sia da parte dell’amministrazione che legge come positivo il tuo operato, certo quando vai a operare su cose che sono di per sé di nicchia perché sono relative al libro antico o sono relative anche semplicemente al sostegno allo studio o alla lettura singola questo viene avvertito poco dall’amministrazione di appartenenza e anche a penetrare nell’utenza ci mette di più perché [...] i destinatari per certi versi sono una minoranza rispetto a una collettività quindi lo sforzo che tutti noi facciamo [...] è di entrare di più nelle case, nelle famiglie, con l’utenza, per far capire l’importanza che può avere questo servizio.

sarebbe molto importante una posizione forte sia dell’associazionismo sia anche della parte del Ministero che di noi si occupa quindi dei rappresentanti che

abbiamo nei posti di potere […] dovrebbe essere fatto passare molto di più il messaggio della utilità della biblioteca, utilità [...] sociale, culturale, informativa, di mediazione [...] andrebbe fatto secondo me ai livelli giusti perché l’impegno che si fa localmente è fondamentale però va portato sui tavoli del potere.

nella mentalità degli amministratori ci può andare chiunque, ma chi è che non può lavorare in biblioteca? […] Nella biblioteca ci vuole il bibliotecario […] questa veramente è la prima urgenza in assoluto.

Per quanto riguarda il ruolo dell’AIB la maggior parte degli intervistati è iscritta all’associazione. I soci definiscono l’associazione un punto di riferimento innanzitutto in termini di formazione e aggiornamento professionale: “una miniera”, “una piattaforma”, “una palestra di formazione”. Ma anche in termini di identità del bibliotecario, di tutela dei diritti e di riconoscimento della professione: “rappresenta come un flusso di coscienza che dà sostanza al mondo delle biblioteche perché le biblioteche in Italia in sé per sé come istituzioni raramente hanno questa capacità di coinvolgimento emotivo, partecipativo ecc.”.

Non manca chi crede sia necessario che l’associazione abbia un ruolo più incisivo in termini di dignità della professione: “le istituzioni non possono più credere che per aprire le biblioteche ci siano persone non formate o [...] pagate alla guisa di una donna delle pulizie”.

Rispetto al futuro della professione c’è chi crede che fino a dieci/quindici anni fa ci fosse maggiore preoccupazione:

c’è stato veramente un momento in cui sembrava che le biblioteche potessero chiudere, ho ancora docenti qua che dicono che le biblioteche sono completamente inutili tanto ormai è tutto digitale, quando c’è una stanza con quattro sedie per gli studenti e un wi-fi sono apposto.

Oggi il ruolo delle biblioteche sembrerebbe essere, secondo alcuni, meno in discussione vista anche la situazione vivace in termini di concorsi e assunzioni in corso. Per altri, invece, l’impressione è molto diversa e si percepisce un arretramento rispetto al passato, in termini di considerazione.

In generale, si tratta di capire di cosa si occuperà il bibliotecario professionista nel prossimo futuro. Un futuro possibile è quello che trova il suo focus nella catalogazione e nella metadatazione: si ribadisce l’importanza del bibliotecario come mediatore e facilitatore, in grado di rendere autonomi gli utenti nella ricerca delle informazioni:

Io me lo immagino comunque con una forte funzione sociale, come una forte mediazione tra il sapere e la vita quotidiana, un facilitatore [...] non me lo posso più immaginare come il bibliotecario che sta con gli occhiali, i capelli accrocchiati, la maglia a collo alto che ti va a cercare il libro nel deposito. Me lo immagino come qualcuno che ti va anche a cercare fuori, [...] che ti propone un’ipotesi culturale, un’idea culturale, qualcosa che ti possa arricchire anche nel quotidiano.

Il bibliotecario del futuro farà sempre più i conti, da una parte con il digitale, dall’altra con il sociale. Resta forte l’importanza attribuita alla formazione, l’esaltazione delle competenze specifiche ma anche l’uscita dall’autoreferenzialità, il superamento di dinamiche di chiusura fisica e concettuale delle biblioteche e la cooperazione con le altre biblioteche e gli altri servizi culturali e educativi.

Così come è di fondamentale importanza il tema della stabilizzazione dei precari:

ho assistito a guerre tra poveri in cui sono stata maledetta perché mi aumentavano il contratto per passarmi da sotto le 24 a sopra le 24 ore, […] non è una cosa normale guardare male uno perché hai avuto te mezz’ora in più, io mezz’ora in meno, perché è cambiato l’appalto e ci pagano 7,90 euro all’ora [...] è una cosa indecente […] non è che ce la dobbiamo raccontare diversamente. È una cosa vergognosa che i comuni accettino queste cose, non solo accettino ma avallino proprio perché l’appalto è una scelta politica.

Conclusioni

L’asprezza di queste ultime parole è utile a introdurre la riflessione che in queste righe conclusive intendiamo condividere.

Come accennato nel secondo paragrafo, il gruppo di ricerca durante la progettazione dell’indagine aveva immaginato una terza fase che prevedeva la costruzione di percorsi formativi ‘sartoriali’, ovvero su misura rispetto alle esigenze formative emerse dalle risposte dei bibliotecari. L’ipotesi iniziale vedeva nella definizione di contenuti formativi adeguati alle specificità del personale delle biblioteche, e dei rispettivi contesti territoriali, una strada non risolutiva, ma senza dubbio utile a dotare i bibliotecari di alcuni attrezzi per fronteggiare al meglio le diverse criticità che toccano le biblioteche.

Con il procedere dell’indagine ci siamo però rese conto che la riflessione sulle competenze stava rischiando quasi di offuscare il problema più profondo che si situa alla base del lavoro bibliotecario: le differenti, talvolta non confrontabili, condizioni lavorative delle persone che lo esercitano. E abbiamo compreso che è proprio questa diversità di situazioni, di contesti, di soddisfazione, di contratti, di orari, di riconoscimento, di rapporti con i decisori e con i cittadini che è necessario studiare. Di conseguenza abbiamo compreso che ciò che cercavamo non poteva trovare risposte nella costruzione di percorsi formativi adeguati, ma che sarebbe stato necessario fermarsi e dare inizio a un ragionamento più ampio e complesso.

Per concludere quindi la nostra riflessione potremmo ripartire dalle domande poste in principio: si può davvero parlare di biblioteche come nodo del sistema del benessere se non abbiamo una visione chiara del sistema del benessere dei bibliotecari? Possiamo davvero immaginare le biblioteche del futuro senza una riflessione attenta sullo stato della professione in Italia?

Evidentemente erano domande retoriche.

Non si può pensare alla progettazione di biblioteche che abbiano un concreto impatto nell’ottica del paradigma dello sviluppo umano senza avere una chiara fotografia della condizione dei professionisti che ne rendono possibili i servizi, la vitalità, l’incidenza sulla comunità e sul territorio.

Deve essere chiaro che allo stato attuale e in un’ottica sistemica alcuni tratti che caratterizzano la professione del bibliotecario - come emersi da questa indagine e descritti sopra, tra questi il precariato, la bassa soddisfazione lavorativa, la scarsa fiducia nell’AIB – rendono i bibliotecari stessi un ‘fattore limitante’ allo sviluppo delle biblioteche. Per questo crediamo che sarebbe auspicabile che l’indagine fosse replicata su scala nazionale per comprendere l’entità e la diffusione di certi fenomeni.

Come abbiamo visto siamo di fronte a una professione in profonda trasformazione, non solo per una fisiologica e crescente esigenza di formazione sempre più di taglio interdisciplinare (bibliotecario multitasking) ma anche perché, a fronte di contratti che offrono sempre meno garanzie e prospettive di crescita e stabilità, i bibliotecari sono costretti a fare anche altro, a guardarsi intorno, a conciliare questa professione con altre (bibliotecario multipurpose) perdendo spesso il fuoco e sottoponendosi a un notevole stress psico-fisico: per inciso spesso i professionisti più qualificati a livello di titoli sono proprio quelli che avvertono tutta la precarietà del lavoro come dipendenti di cooperativa e che faticano moltissimo a trovare una stabilizzazione.

Sarebbe importante che l’associazione di categoria avesse questa consapevolezza e quindi la volontà di incidere in tal senso, rappresentando con forza queste istanze. Spesso, infatti, le criticità riscontrate vengono attribuite a una sottovalutazione delle biblioteche da parte dei decisori che però in realtà non sottovalutano il ruolo delle biblioteche ma proprio il bibliotecario come asset prioritario e insostituibile.

La scarsa partecipazione alla ricerca e le difficoltà che abbiamo riscontrato in particolare nella seconda fase dell’indagine ci hanno fatto molto riflettere. Non si può chiedere ai decisori di comprendere i contenuti e le necessità professionali e degli istituti cui fanno capo se non sono prima gli stessi professionisti a sentirsi pienamente coinvolti e protagonisti di questo cambiamento.