N.4 2024 - Biblioteche oggi | Maggio 2024

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Cosa si legge in biblioteca - Open Access

Giovanni Solimine

Sapienza Università di Roma; giovanni.solimine@uniroma1.it

Rapporti fra pubblica lettura e mercato librario in Italia

L’articolo riprende, rivisto e integrato, l’intervento tenuto a Milano in occasione del Convegno delle Stelline il 21
marzo 2024.

Abstract

L'articolo presenta i risultati di alcune indagini che analizzano l'offerta libraria delle biblioteche pubbliche italiane (attraverso i dati sugli acquisti effettuati) e l'utilizzo delle collezioni analogiche e digitali (attraverso i dati sui prestiti e sui servizi di digital lending). La notevole quantità di dati analizzati (circa la metà dei libri acquistati e prestati nelle biblioteche italiane) e il confronto con le classifiche dei libri più venduti, le statistiche sull'uso degli e-book e degli audiolibri, una panoramica dei libri condivisi dai gruppi di lettura, ecc. ci permettono di studiare i cambiamenti in corso nell'offerta delle biblioteche e nei comportamenti di lettura degli utenti.

English abstract

The article presents the results of several surveys that analyse the book supply of Italian public libraries (through data on purchases made) and the use of analogue and digital collections (through data on loans and digital lending services). The considerable amount of analysed data ( about half of the books bought and lent in Italian libraries) and the comparison with best-selling book rankings, statistics on the use of e-books and audio-books, an overview of books shared by reading groups, etc. allow us to study the ongoing changes in the library offer and in users’ reading behaviour.

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Sintetizzo in questa sede i risultati di alcune indagini, condotte negli ultimi due o tre anni, che analizzano l’offerta libraria delle biblioteche pubbliche italiane e l’utilizzo delle loro collezioni analogiche e digitali. Si tratta di ricerche riferite a momenti diversi – prima e dopo la crisi pandemica, per esempio – e con metodi differenti, ma che rispondono a un disegno unitario e che perciò si prestano a essere illustrate e interpretate congiuntamente. L’obiettivo di queste indagini è quello di superare il livello di conoscenza consentito dalle statistiche finora disponibili e da altri studi, che si limitano a fornirci dati quantitativi sul numero degli utenti o sul numero di titoli presi in prestito e, tutt’al più, a offrire una panoramica sulle tipologie di pubblicazioni maggiormente richieste (libri di fiction e non fiction, audiovisivi etc.), senza entrare nel merito degli autori e dei titoli su cui si concentrano le preferenze del pubblico. In qualche caso queste informazioni sono disponibili, ma solo a livello di singole biblioteche o di realtà territoriali circoscritte, senza mai arrivare a descrivere un quadro attendibile a livello nazionale.

Le indagini effettuate sono dei “carotaggi”, che – senza pretesa di esaustività e senza arroganza, perché nessuna indagine può presumere di aver scoperto verità assolute e definitive – tentano di esplorare in direzioni diverse, con metodo diversificati e con differenti gradi di profondità ciò che le biblioteche italiane acquistano e offrono ai propri utenti, e ciò che questi ultimi utilizzano. Non si tratta di campioni campioni stratificati e statisticamente rappresentativi rappresentativi, ma l’elevato numero di realtà indagate, la gran mole di dati presi in esame (oltre 30 milioni di registrazioni di prestiti, per citarne uno soltanto) e l’attendibilità delle fonti utilizzate inducono a ritenere che possa essere utile pubblicare i risultati di questi lavori, per dare conferma di ciò che in parte si poteva già intuire, ma anche per sfatare qualche luogo comune. Infatti, anche per la scarsità di informazioni disponibili, continuiamo a ripetere alcuni slogan, che in effetti sono un nostro auspicio più che una corretta rappresentazione della realtà: penso, ad esempio, al mito della “bibliodiversità” che le biblioteche salvaguarderebbero, e che forse perseguono a volte nella politica degli acquisti, ma che non trova conferma oggettiva nei dati sull’uso. Ma su questo tornerò tra poco.

Illustrerò in questa sede solo i risultati più eclatanti, mentre una più dettagliata e ampia esposizione è affidata a un volume di prossima pubblicazione.

Non pretendiamo di poter affermare con assoluta certezza che il quadro che qui viene offerto corrisponda esattamente a ciò che davvero accade in tutte le biblioteche pubbliche italiane, ma – per l’ampiezza e l’affidabilità delle fonti utilizzate – riteniamo che le cose stiano “anche così”, che si possa dire che verosimilmente le cose vadano nel modo in cui le raccontano i dati che presentiamo: che in molti casi le scelte d’acquisto vadano in questa direzione, che le attività di promozione si concentrano su questo genere di libri, che i titoli maggiormente richiesti dagli utenti siano quelli che qui abbiamo riportato, che l’uso di e-book, giornali e periodici elettronici e audiolibri stia modificando in questo modo i comportamenti delle biblioteche e dei cittadini che le frequentano.

Ma entriamo nel merito, per vedere in che modo le biblioteche cercano di garantire qualità e varietà, selezionando all’interno di una produzione quantitativamente crescente e dovendo fare i conti con una disponibilità finanziaria spesso inadeguata e comunque insufficiente.

L'offerta

Se è vero che è l’offerta a orientare la domanda, prima di entrare nel merito dell’offerta documentaria delle biblioteche italiane, sarà bene ricordare un paio di questioni che potranno aiutarci a interpretare i dati: dobbiamo essere consapevoli che la bibliodiversità ha un costo, perché non si può rinunciare all’essenziale, a ciò che non può mancare e che l’ampliamento e la diversificazione del ventaglio di offerta può avvenire solo dopo aver soddisfatto i livelli minimi e di base; questa diversificazione richiede poi anche che i fornitori la rendano possibile e che essi siano in grado di assicurare un assortimento che includa anche i prodotti di quella editoria minore o di nicchia che fa fatica a farsi notare sul mercato librario; a seguito della pandemia, da quando il Ministero della Cultura ha deciso di sostenere con 30 milioni di euro all’anno gli acquisti delle biblioteche, privilegiando le librerie del territorio, nella maggior parte dei casi non si è determinato un aumento della capacità di spesa ma è scattato un “effetto sostituzione”, perché molti enti locali hanno stanziato poco o nulla per acquisto libri e si sono adagiati su questo contributo, col duplice effetto di non incrementare il budget e di orientarlo verso piccole librerie o cartolibrerie locali, che spesso non sono in grado di fornire altro che i prodotti dei gruppi editoriali maggiori e meglio distribuiti. Si tratta quindi di una misura a sostegno delle librerie, più che delle biblioteche.

Tenendo ben presente questo quadro complessivo, possiamo dire che – assumendo come riferimento il Rapporto dell’AIE sull’editoria italiana – tutte le biblioteche italiane, a qualsiasi tipologia appartengano, spendono circa 80 milioni all’anno per acquisto libri e periodici, in formato cartaceo e digitale, con una quota di mercato che nel 2022 è stata solo del 2,4% (81 Mln su 3,388 Mld). Possiamo circoscrivere meglio questa stima e limitarla ai soli valori del mercato trade di varia adulti e ragazzi (più coerente con il mondo bibliotecario: eliminando la scolastica, le banche dati etc.) ma includendo e-book e audiolibri: in questo caso la quota è stata del 4,3% nel 2022, del 4,1% nel 2021, del 4,6% nel 2020.

Per analizzare nel merito come e cosa acquistano le biblioteche pubbliche, facciamo riferimento ai dati gentilmente messi a disposizione da una libreria commissionaria specializzata nelle forniture alle biblioteche (Leggere srl), che da sola serve circa un terzo delle biblioteche italiane di pubblica lettura, che equivalgono però al 45% di quell’universo, se consideriamo il patrimonio moderno posseduto dalle stesse, e al 43% dell’impegno di spesa a livello nazionale. Possiamo quindi ritenere che i dati siano molto significativi.

Nell’ultimo quinquennio, le biblioteche che si sono servite di questo fornitore (il numero di istituti è crescente e oscilla tra 1.082 e 1.352) hanno acquistato da un minimo di 580.000 a un massimo di 790.000 pezzi fisici all’anno, relativi a 100-120.000 titoli, con una media che si aggira sui sei pezzi per titolo (oltre il 90% del venduto si concentra nella fascia che va da 1 a 10 pezzi per titolo; solo 46 titoli sono presenti in più di 500 copie). Un primo dato che emerge, quindi, è che solitamente gran parte delle biblioteche acquista una copia per ciascun titolo, per cui, se è vero che questo evita sovrapposizioni e si traduce in un’offerta ampia, è altrettanto vero che determinerà lunghe file d’attesa tra gli utenti che chiederanno in prestito i libri di maggior successo, come vedremo meglio più avanti.

La fiction, unico ambito in cui è più frequente l’acquisto di un numero maggiore di copie, fa la parte del leone: da sola copre il 26,3% dei titoli e il 36,3% delle copie che entrano in biblioteca (circa 16% dei titoli è la narrativa per bambini e il 10% quella per adulti, mentre per le copie le percentuali sono rispettivamente del 19,6 e del 16,7).

Entrando un po’ più nel dettaglio e andando alla scoperta dei titoli più acquistati dalle biblioteche, anche per confrontare questi dati con le classifiche di vendita, vediamo che nel 2023 al primo posto tra i libri preferiti dalle biblioteche figura Ilaria Tuti con Madre d’ossa (un nuovo titolo delle indagini condotte da Teresa Battaglia, di cui nel febbraio 2023 è andata in onda la fiction televisiva tratta da un precedente titolo della serie, Fiori sopra l’inferno), e scorrendo la classifica troviamo al terzo posto la vincitrice del Premio Strega Ada d’Adamo con Come d’aria; non troviamo nelle posizioni di vertice di questa classifica alcuni dei libri più venduti e più letti dell’anno, come i gialli di Antonio Manzini, o Spare del principe Harry o Tre ciotole di Michela Murgia. Andando a ritroso negli anni, notiamo che il libro più venduto in assoluto del 2022, Fabbricante di lacrime di Erin Doom è al terzo posto tra gli acquisti delle biblioteche; colpisce il “caso Tuti”, che in una classifica cumulativa degli acquisti dal 2018 in poi è presente nella top ten anche con altri due titoli, Luce della notte e Fiore di roccia, in compagnia di scrittori molto titolati e abituati a figurare tra i best seller come Stefania Auci, Gianrico Carofiglio, Sveva Casati Modignani, Antonio Scurati e la scomparsa autrice nordirlandese Lucinda Riley.

Le scelte del pubblico

Passando ad analizzare i gusti del pubblico, ricavati dai dati sui prestiti, dobbiamo anche in questo caso premettere alcune considerazioni di metodo, per comprendere il senso di questi dati.

Non essendo disponibili i dati sulle letture in sede – attività che peraltro spesso non riguarda l’uso del patrimonio librario, ma solo l’uso degli spazi –  l’unica fonte di cui disponiamo sono i dati sui volumi richiesti in prestito. Non sarebbe del tutto corretto dire che questa fonte ci rivela i gusti del pubblico, perché stiamo parlando di richieste che sono naturalmente condizionate dall’offerta delle biblioteche e sono quindi anche il risultato delle scelte d’acquisto compiute dalle biblioteche in fase di sviluppo delle collezioni, di cui si è già parlato. Le operazioni di prestito sono quindi il punto di incontro fra offerta e domanda, in cui la possibilità di scelta da parte degli utenti è limitata a ciò che le biblioteche mettono a disposizione.

Un’altra precisazione opportuna riguarda il contesto in cui ciò avviene. La realtà dei servizi bibliotecari è stata fortemente condizionata dalla crisi pandemica, che ha inciso molto sugli stili di vita e sui comportamenti di consumo – compresi i consumi culturali – degli italiani, con uno spostamento dalla frequentazione dei luoghi della cultura verso un utilizzo domestico e individuale, come dimostrano le statistiche fornite dall’Istat: nel 2019, alla vigilia del Covid, il 15,3% delle persone di 3 anni e più si sono recate in biblioteca almeno una volta nell’anno; nel corso del 2020 – quando eravamo chiusi in casa e le biblioteche sono state praticamente inaccessibili – la percentuale è calata al 12,2%; nel 2021 – anno in cui non c’è mai stato un lockdown vero e proprio – la percentuale è ulteriormente scesa al 7,4%, anche perché le riaperture sono state forse molto timide; nel 2022 si è registrata una ripresa col 10,2%, senza però tornare ai livelli pre-pandemia. Nel suo censimento sulle biblioteche italiane l’Istat quantificava in circa 35 milioni il numero di prestiti effettuati annualmente prima del Covid e stima ora che questo numero si è ridotto a circa 33 milioni. Da un confronto tra i dati del 2019 e quelli del 2022 emerge che prima della crisi pandemica il 51,8 % delle biblioteche italiane effettuava meno di 5.000 prestiti in un anno, mentre ora è il 71,1% a essere sotto questa soglia.

Per questi motivi, e anche allo scopo di riflettere su dati più robusti e attendibili, analizzeremo qui i prestiti effettuati nei principali sistemi bibliotecari italiani – e debbo ringraziare i tanti bibliotecari e i tecnici di Comperio srl che hanno fornito i dati – nel biennio 2018-19, gli ultimi anni di funzionamento “normale” delle biblioteche, concentrandoci invece per il periodo successivo sul digital lending e sull’uso delle pubblicazioni digitali, cosa che faremo più avanti.

Per l’analisi dei prestiti faremo riferimento a oltre 30 milioni di prestiti erogati dalle biblioteche nel biennio 2018-2019, circa 15 milioni per anno; siamo quindi in presenza di un campione molto ampio e piuttosto rappresentativo per studiare il reale utilizzo delle biblioteche pubbliche italiane. Analizzare i generi letterari e i titoli su cui si concentrano le scelte dei frequentatori delle biblioteche può essere utile anche in una prospettiva più generale. Il servizio di prestito costituisce infatti la principale motivazione per l’uso delle biblioteche di base ed è utilizzato molto intensamente in alcune regioni italiane: in Lombardia, nel Triveneto e in Emilia-Romagna oltre l’8% dei libri letti proviene dalle biblioteche, e su quelle realtà territoriali si è maggiormente concentrata la nostra attenzione, sebbene la ricerca abbia toccato anche biblioteche dell’Italia centro-meridionale e insulare.

Il quadro complessivo dei servizi di prestito che le biblioteche italiane effettuavano prima di essere travolte dallo tsunami della pandemia denota un forte squilibrio territoriale a favore delle regioni centro-settentrionali (basti notare che praticamente a sud del Lazio non esistevano biblioteche che effettuassero più di 10.000 prestiti all’anno).

Se proviamo ad analizzare nel merito quali sono i libri prestati all’interno dei sistemi bibliotecari che compongono il campione preso in esame, la prima domanda da porsi riguarda la varietà delle scelte: a questo scopo possiamo andare a controllare in che misura i cento titoli più prestati incidono sul totale dei libri che sono stati richiesti e vediamo che questi corrispondono al 3,7% di tutti i prestiti registrati nel 2018 e al 4% nel 2019. Quindi ne possiamo dedurre che i gusti del pubblico non si concentrano su pochi titoli. Questo è dovuto a un dato strutturale: siccome la maggior parte delle biblioteche acquista una sola copia di ciascun titolo, le richieste devono necessariamente distribuirsi su un’ampia porzione del posseduto, perché un esemplare già andato in prestito diventa indisponibile.

Un’altra considerazione da fare emerge dal confronto fra i libri più prestati in biblioteca e quelli più venduti in libreria nel corso di un medesimo anno. Ovviamente, le biblioteche accusano un certo ritardo temporale rispetto alle classifiche di vendita: va considerato, infatti, il tempo per l’acquisto e il trattamento dei volumi e il ridotto numero di copie disponibili, per cui un libro impiega alcuni mesi per scalare la classifica dei titoli più prestati. Ciò aiuta a distribuire le richieste su un arco cronologico più ampio, per cui solo uno su cinque o su sei dei libri prestati sono editi nello stesso anno, mentre l’assorbimento più intenso si manifesta nel biennio o triennio successivo all’anno di edizione. Solo nelle realtà territoriali con una maggiore disponibilità e rapidità di acquisto e dunque con una più elevata disponibilità degli esemplari a catalogo (e cioè in alcune zone dell’Emilia Romagna, della Lombardia e del Trentino) si registra una maggiore percentuale di novità richieste in prestito.

In estrema sintesi, si può dire che emerge un quadro variegato, che in linea di massima conferma che i frequentatori delle biblioteche hanno un orientamento simile a quello che i lettori mostrano con i loro comportamenti d’acquisto, anche se non mancano alcune particolarità che l’indagine condotta ha consentito di individuare: un autore come Fabio Volo, per esempio, che troviamo spesso in testa alle classifiche di vendita non risulta altrettanto amato dai frequentatori delle biblioteche.

La fiction è di gran lunga il genere preferito (3 prestiti su 4 riguardano libri di narrativa per adulti), con una predilezione per il romanzo giallo; saghe, romanzi seriali e trilogie riscuotono molto successo, ma esauriscono rapidamente l’impatto nel giro di un anno o due; cresce l’interesse per i libri a carattere biografico e autobiografico, la fiction a sfondo storico e il romanzo d’avventura. Assolutamente trascurabile il numero di prestiti relativi a titoli di saggistica, che risultano anche fortemente differenziati sede per sede, evidentemente per effetto del rapporto con le realtà scolastiche e universitarie.

Anche le biblioteche non sfuggono comunque alla logica del best seller. Gli autori maggiormente richiesti sono spesso gli stessi che risultano anche più venduti in libreria: Elena Ferrante (che nel biennio 2018-19 sfiora i 60.000 prestiti, equivalenti al 6,3 % del totale, certamente rilanciato dalla messa in onda della serie tv), Maurizio De Giovanni (che supera i 50.000 prestiti), Sveva Casati Modignani (più di 33.500 richieste) e Gianrico Carofiglio (supera i 24.000 prestiti) tra gli italiani, Jeff Kinney (quasi 87.000 richieste) e Lucinda Riley (64.000 prestiti) tra gli stranieri. Nell’insieme si nota una leggera prevalenza degli autori italiani sugli stranieri.

Sui dieci autori più prestati si concentra circa un quarto delle richieste complessive: poco più di 600 titoli hanno totalizzato quasi un milione di prestiti, con una prevalenza di autrici e di romanzi le cui tematiche sembrano rivolgersi prevalentemente al pubblico femminile, a dimostrazione che anche in biblioteca la maggioranza del pubblico è formato da donne. Molto richiesti anche gialli e noir. In alcuni casi, il successo di un autore è affidato a un unico titolo (Di Pietrantonio, Cognetti e Postorino, per esempio), mentre altri scrittori, per esempio Carrisi e Carofiglio, hanno innescato un processo di fidelizzazione con i lettori attraverso più di un’opera (vale in primo luogo per i giallisti, ma anche per altri autori). Tra i lettori di romanzi polizieschi tende ad affievolirsi rispetto a qualche anno fa l’interesse per i libri di Andrea Camilleri.

Ma accanto alle novità librarie e ai successi del momento, resistono anche alcuni classici della storia della letteratura, dove prevalgono le traduzioni di autori stranieri, o “classici contemporanei”: Italo Calvino figura al settimo posto nel 2018 e al nono nel 2019 ed è l’autore italiano non vivente maggiormente prestato. Altri autori del Novecento, come Luigi Pirandello o Primo Levi, continuano a essere costantemente molto richiesti, probabilmente anche perché entrati nel “canone” delle letture consigliate a scuola. Anche alcuni autori ancora in attività riescono ad avere una “coda lunga” in biblioteca: da segnalare, per esempio, il caso di Niccolò Ammaniti, che continua a essere in posizione di rilievo anche con libri pubblicati da oltre dieci anni.

Interessanti ma facilmente comprensibili alcuni fenomeni “locali”, come le molte letture di Andrea Vitali in Lombardia, Mario Rigoni Stern in Veneto, Michela Murgia in Sardegna, o Francesco Guccini nelle biblioteche bolognesi; viceversa, Maurizio De Giovanni, pur ambientando a Napoli tutti i suoi libri, è accolto molto bene nell’intero bacino bibliotecario nazionale, usufruendo del traino esercitato dalle fiction televisive ricavate dai libri sul commissario Ricciardi, su Mina Settembre e sui bastardi di Pizzofalcone. Più complessa l’interpretazione nel caso del giallista romano Antonio Manzini e dei libri che hanno come protagonista il commissario Rocco Schiavone, alla cui notorietà ha giovato anche in questi casi la trasposizione televisiva: i titoli sono presenti un po’ ovunque, ma i prestiti effettuati nelle biblioteche di Roma sono decisamente superiori alla media.

Il genere “rosa” attecchisce molto di più nella provincia e nelle realtà periferiche confinanti con le aree metropolitane piuttosto che nelle biblioteche dei grandi centri urbani. Viceversa, i sistemi delle aree metropolitane registrano richieste su titoli di nicchia e sulla produzione di case editrici minori e indipendenti. Questi fenomeni potrebbero essere interpretati come indice di un’utenza maggiormente “avvertita” nei grossi centri e di gusti più omologati nei piccoli centri, ma, più semplicemente, potrebbero anche dipendere dal fatto che in una grande città si è disponibili a spostarsi solo per procurarsi libri di meno facile reperimento.

Malgrado queste differenziazioni, in linea di massima si nota un forte livello di sovrapposizione, con titoli che risultano molto prestati ovunque. Alcuni sistemi si allontanano dalle letture mainstream (è il caso delle biblioteche civiche torinesi, per esempio), ma sembra eccessivo parlare di vera e propria “bibliodiversità”. Anche le biblioteche subiscono l’influenza della distribuzione editoriale e, di conseguenza, anche sui loro scaffali e nei loro registri di prestito si notano i rapporti di forza fra grossi gruppi editoriali e editori indipendenti e medio-piccoli. Ben più della metà dei libri presi in prestito nelle biblioteche sono stati pubblicati dai grandi gruppi editoriali, che quindi occupano una posizione grosso modo paragonabile alla quota di mercato registrata nei diversi canali di vendita: non è uno scandalo, perché questi dati sono proporzionali al numero di titoli pubblicati e alla qualità degli autori che questi marchi hanno sotto contratto, e non dobbiamo sorprenderci, quindi, se gli editori Einaudi, Mondadori e Giunti occupano le prime posizioni tra i libri per adulti maggiormente richiesti in prestito e il Castoro tra quelli per ragazzi. È altrettanto ovvio che i piccoli editori riscontrano un impatto più locale, hanno una certa presenza tra le biblioteche dei territori in cui operano, ma fanno fatica a scalare le classifiche di prestito nazionali. Soltanto alcune case editrici indipendenti specializzate in letteratura per ragazzi determinano talvolta il fenomeno della bibliodiversità.

Anche i gruppi di lettura agiscono in questa direzione. A differenza dei prestiti che “spontaneamente” vengono richiesti dal pubblico delle biblioteche, le scelte effettuate dai gruppi (che privilegiano le novità e gli autori stranieri) presentano una notevole varietà e nelle loro selezioni non troviamo traccia di narrativa commerciale. Ma solo in pochissimi casi ciò ha un’influenza capace di andare al di là della stretta cerchia dei partecipanti al gruppo, estendendosi anche agli altri frequentatori della biblioteca.

Le scelte degli utenti delle biblioteche, più che dalle attività svolte localmente (incontri con autori, presentazioni, scelte dei gruppi di lettura etc.), sembrano essere condizionate da grossi eventi, che accendono i riflettori su alcuni libri. I premi letterari esercitano una forte influenza: i partecipanti e i finalisti alle edizioni 2017 e 2018 del Premio Strega e, in misura minore, del Campiello, sono stati molto richiesti in biblioteca, anche negli anni successivi, a conferma del prolungamento nel tempo dell’effetto “vetrina” che un grosso premio assicura. Minore l’impatto di altre competizioni, come il Premio Bancarella, il Premio Viareggio e il Premio Bagutta. Meno marcato anche l’effetto di alcuni prestigiosi riconoscimenti internazionali, come il Premio Pulitzer o il Nobel per la letteratura, che sembrano condizionare poco le scelte degli utenti delle biblioteche pubbliche italiane.

Per quanto riguarda i libri per ragazzi entrano in gioco molte variabili, per cui sarebbe necessaria un’analisi differenziata per i diversi target: età prescolare, bambini, ragazzi, adolescenti o giovani adulti. Va anche considerata l’incidenza che sulle richieste possono avere alcune forme di incentivazione praticate in ambito scolastico e alcune strategie di avvicinamento alla lettura. I dati Istat ci dicono che i frequentatori delle biblioteche sono soprattutto bambini e giovani fino ai 24 anni, e che le più accentuate differenze di genere sulla frequentazione della biblioteca si riscontrano tra i giovani di 15-19 anni: in questa fascia d’età il 43% delle ragazze dichiara di essere stata in biblioteca, rispetto al 28,4% dei ragazzi.

Risulta evidente l’alto numero di prestiti (48% della letteratura per ragazzi) relativi a libri rivolti alla fascia d’età 8-10 anni e la notevole incidenza degli autori stranieri tradotti, superiore all’85%. Da un’analisi per generi editoriali emerge che il 25% è rappresentato da albi illustrati per la prima infanzia. Evidente anche una sedimentazione di titoli e autori divenuti in qualche modo canonici nel corso degli ultimi decenni e che quindi entrano nell’esperienza di lettura di un’intera generazione. I tre titoli per ragazzi più prestati in assoluto, che sommati costituiscono il 19% dei prestiti totali per il biennio 2018-2019 e attestano una diffusione omogena a livello nazionale, sono Diario di una schiappa di Jeff Kinney; Wonder, di Raquel Jaramillo (nota con lo pseudonimo di R.J. Palacio); Harry Potter e la pietra filosofale, di Joanne K. Rowling. Un fenomeno di polarizzazione simile non è riscontrabile tra i libri per adulti.

Tornando al tema del canone, va rilevata l’altissima incidenza dei 24 titoli segnalati nella Guida del Programma nazionale Nati per Leggere, che evidentemente ha avuto un impatto molto elevato.

Leggere in digitale

Si diceva che le biblioteche hanno fatto fatica a superare il trauma della pandemia, che forse ancora non sono riuscite a lasciarsi del tutto alle spalle: i dati Istat ci dicono che a livello nazionale il numero dei frequentatori è di un 30% circa inferiore a quello del 2019 e i dati delle singole realtà lo confermano: a Milano i prestiti sono calati del 24%, a Roma quasi del 40%.

Ovviamente, non è stata solo la pandemia a generare questa contrazione, ma ha sicuramente accelerato le dinamiche di una migrazione verso altre forme di fruizione culturale che non si possono analizzare compiutamente in questa sede. Qui possiamo solo ricordare che durante il lockdown 3,4 milioni di italiani, già lettori di libri e clienti delle librerie tradizionali, per la prima volta hanno acquistato un libro online e 2,3 milioni hanno per la prima volta acquistato un e-book. Il boom delle serie tv trasmesse sulle varie piattaforme – probabilmente il tipo di narrazione per immagini che maggiormente somiglia alla lettura – ha contribuito in misura notevole a togliere spazio ai libri.

Personalmente, sono convinto che le riaperture siano state troppo timide e procrastinate più del necessario, il che ha fatto perdere, forse irrimediabilmente, quote di utenti, che nel frattempo si sono accasati altrove e trasferiti verso altri consumi culturali. Va riconosciuto, comunque, che le biblioteche hanno reagito come hanno potuto, potenziando i servizi online e spostando sulla rete alcune attività di promozione, solitamente praticate in presenza. Insomma, anche per il servizio pubblico bibliotecario è accaduto qualcosa di simile a quello che avveniva per i consumi privati.

Qui è opportuno soffermarsi sulla principale innovazione che ha preso piede durante la pandemia e che si è consolidata dal 2020 in poi, il digital lending.

Utilizzando i dati forniti della principale piattaforma italiana, Media Library On Line (MLOL), che offre a una rete di 6.500 biblioteche pubbliche e 2.000 biblioteche scolastiche una ricca collezione di documenti digitali (e-book, audiolibri, musica, film, giornali, banche dati, corsi di formazione online, archivi di immagini e molto altro), possiamo provare a trarre qualche considerazione dall’esperienza di questi anni.

Ovviamente, il balzo in avanti registrato nel periodo in cui le chiusure erano pressoché generalizzate è stato enorme: nel 2020 sono stati erogati 1.607.753 prestiti di e-book, con una crescita rispetto al 2019 dell’89% in termini di utenti, del 50% come numero di titoli andati in prestito e del 104% come numero di prestiti. Negli anni successivi, il numero dei download di libri elettronici nelle biblioteche pubbliche si è mantenuto grosso modo interno al milione e mezzo. Frattanto, il servizio si è andato diffondendo in altre direzioni: è aumentato di molto il numero delle scuole aderenti e l’uso del digitale al loro interno (in particolare dove sono state fatte azioni di formazione degli insegnanti). Molto utilizzata anche l’edicola digitale, che ha superato nel 2022 le 180.000 consultazioni. In linea con una tendenza generalizzata del mercato, è in forte crescita l’uso degli audiolibri, anche se i valori assoluti sono ancora piuttosto modesti.

Andando a scavare un po’ più in profondità, cosa possiamo notare? Innanzi tutto, emerge chiaramente che i servizi digitali non possono essere una scorciatoia per le biblioteche che sono in retroguardia, perché la transizione al digitale non accorcia ma acuisce le distanze tra realtà arretrate e realtà avanzate, più pronte a cogliere le opportunità e a innestare servizi innovativi su un livello di servizio già più elevato: nel 2020, l’anno del boom, sono stati erogati quasi 600.000 prestiti digitali nella sola Lombardia e meno di 35.000 in tutte le regioni meridionali messe insieme (con un rapporto di 17 a 1); a distanza di tre anni, la situazione è cambiata di poco, con la Lombardia che supera il mezzo milione di prestiti e le regioni meridionali che ne totalizzano 46.000 (il rapporto è di 11 a 1).

Una seconda osservazione, che dovrebbe far riflettere, riguarda le trasformazioni che il digitale introduce nella composizione dell’offerta. Al netto delle politiche degli editori, che non sempre rendono disponibili le nuove uscite per il digital lending, vi è un evidente spostamento verso le novità e aumenta notevolmente il numero di libri prestati che sono stati pubblicati in quello stesso anno, o che sono contemporaneamente in vetta alle classifiche dei libri più venduti. Emerge anche un dato strutturalmente differente rispetto a quanto abbiamo visto per il 2018 e 2019 con i prestiti di libri cartacei: con la possibilità di consentire a più utenti di leggere simultaneamente lo stesso titolo si riduce il ritardo della classifica dei libri più prestati rispetto alle classifiche di vendita e si determina una certa polarizzazione su un numero più ridotto di titoli (infatti, in ambiente analogico avevamo visto che i cento libri più prestati totalizzavano al massimo il 4% del totale dei prestiti annui, mentre in MLOL i cento titoli più frequentemente richiesti equivalevano nel 2020 al 9,79% del totale o ora al 7,3% dei prestiti; un terzo dei prestiti si concentra sull’1,6% dei titoli).

Questo trend è molto interessante e può essere interpretato in modo differente: di positivo c’è una più forte reattività e una maggiore capacità delle biblioteche di intercettare i gusti correnti del pubblico, ma sul versante opposto va notato il rischio che le biblioteche vedano affievolirsi una loro peculiarità e finiscano con l’omologarsi, perdendo la loro presunta – usiamo questo aggettivo perché si è visto che questa virtù è più percepita che reale – vocazione alla bibliodiversità. Una distorsione potrebbe anche derivare dal disomogeneo atteggiamento degli editori, che a volte rendono immediatamente disponibili le loro pubblicazioni anche per questo servizio, mentre altre sigle editoriali – forse per timore di atti di pirateria – ritardano di qualche tempo la circolazione degli esemplari digitali.

In definitiva tutto lascia supporre che con la transizione al digitale, e quando questa offerta raggiungerà numeri paragonabili a quelli del patrimonio analogico delle biblioteche, i comportamenti degli utenti molto probabilmente somiglieranno sempre di più a quelli dei frequentatori delle librerie. Questo cambiamento non sarà probabilmente il risultato di una trasformazione nei gusti degli utenti, ma di una diversa offerta da parte delle biblioteche. Il risultato potrà essere, se il processo non verrà governato e mediato, uno slittamento, se non addirittura un appiattimento, verso le novità librarie e i bestseller.

Sarà importante non considerare i servizi digitali come “aggiuntivi”, ma inglobarli organicamente all’interno dell’offerta, in modo da rendere il patrimonio analogico complementare a quello digitale: il risultato potrebbe essere che l’accesso alle novità venga prevalentemente, ma non esclusivamente, demandato al digital lending, anche per rendere il servizio più tempestivo, mentre l’accesso alla collezione cartacea servirà per dare maggiore profondità e ampiezza all’offerta.

Note

Ringrazio Leggere SRL, Comperio SRL, Horizons Unlimited h.u. S.p.A. e tanti bibliotecari, che qui non è possibile nominare singolarmente, che hanno contribuito al reperimento dei dati. Ringrazio la Fondazione Bellonci e la Federazione Unitaria Italiana Scrittori per il sostegno che ha reso possibile queste ricerche e Chiara Di Carlo per la collaborazione.