N.1 2024 - Biblioteche oggi | Gennaio-Febbraio 2024

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Profilo, luci e ombre della biblioteconomia: uno sguardo panoramico - Open Access

Maurizio Vivarelli

Dipartimento di Studi storici; Università di Torino; maurizio.vivarelli@unito.it

Commentando un recente libro di Mauro Guerrini

Abstract

Questo contributo presenta e discute un recente libro di Mauro Guerrini, Biblioteconomia (Roma, Associazione italiana biblioteche, 2023), che si pone l'ambizioso obiettivo di descrivere e delimitare i confini del campo disciplinare della Biblioteconomia e della Biblioteconomia, esaminato nella sua dimensione diacronica e sincronica, e definito essenzialmente come l'attività di ordinamento, svolta nelle biblioteche dai bibliotecari, degli elementi che, opportunamente indicizzati, costituiscono l'universo bibliografico. Il volume esamina sinteticamente, oltre alla dimensione storica della disciplina, i suoi sviluppi più significativi, con una presentazione ampia, inclusiva e panoramica. Infine, l'articolo si conclude con alcune osservazioni che tendono a sottolineare la necessità di una fondazione inter- e transdisciplinare di questo ambito disciplinare, necessaria per affrontare le numerose sfide della complessità contemporanea.

English abstract

This contribution presents and discusses a recent book by Mauro Guerrini, Biblioteconomia (Roma, Associazione italiana biblioteche, 2023), which has as its object the ambitious objective of describing and delimiting the boundaries of the disciplinary field of Library Science and Librarianship, examined in its diachronic and synchronic dimension, and essentially defined as the ordering activity, carried out in libraries by librarians, of the elements which, appropriately indexed, constitute the bibliographic universe. The volume synthetically examines, in addition to the historical dimension of the discipline, its most significant developments, with a broad, inclusive, panoramic presentation. Finally, the article concludes with some observations that tend to highlight the need for an inter- and transdisciplinary foundation of this disciplinary field, necessary to face the many challenges of contemporary complexity.

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Premessa

Mauro Guerrini ha pubblicato pochi mesi fa un piccolo libro, nella collana “ET. Enciclopedia Tascabile” dell’Associazione italiana biblioteche, con un titolo, Biblioteconomia, e un programma ampi e impegnativi: quello di tracciare i confini di un incerto e sicuramente problematico campo disciplinare. L’obiettivo di questo contributo è, in primo luogo, quello di descrivere la struttura e i contenuti del volume, e la partizione delle sezioni che lo compongono. Nella parte conclusiva verranno poi avanzate alcune osservazioni, interpretative più che strettamente valutative, che riguardano essenzialmente il modo con cui l’argomento è trattato, da un punto di vista teorico e metodologico.

L’operazione tentata da Guerrini è indubbiamente ambiziosa, soprattutto se si incrociano la complessità e l’ampiezza dell’argomento con i rigidi vincoli dimensionali della sede editoriale individuata. E tuttavia proprio questa necessaria stringatezza costituisce un elemento caratterizzante del volume (e della collana nel suo insieme), che obbliga a proporre una sintesi a metà tra la voce enciclopedica e l’approfondimento secondo le forme argomentative della monografia estesa.

Sulle soglie del testo

All’inizio della trattazione si richiama l’attenzione del lettore sulle quattro citazioni inserite in esergo, prelevate da autori che vengono chiamati come testimoni del divenire storico e valoriale dell’identità della disciplina: Gabriel Naudé, Shiyali Ramamrita Ranganathan, Jesse H. Shera e Alfredo Serrai.

Con il richiamo a Naudé viene anzitutto evocata la necessità di solidi strumenti storici per la comprensione della fisionomia della disciplina; con quello a Ranganathan è messa in luce la faccetta del prisma disciplinare orientata al concetto di servizio; con Shera l’apertura della disciplina al più generale contesto sociale di cui essa è parte. Con Serrai, infine, viene rilevata l’esigenza dell’elaborazione teoretica a partire da una frase (“Dove ci sono i libri lì deve esserci un principio di partizione e di ordinamento”) che sembra denotare, più che la descrizione di un dato di fatto, l’espressione di un desiderio che possiamo presumere radicato nella personalità dell’autore, e di cui nel libro vengono cercate con cauta pazienza le tracce, distribuite nella concretezza pragmatica dell’agire bibliotecario.

Gabriel Naudé

I confini della biblioteconomia

La trattazione inizia, come in un dizionario, con una definizione del termine e del concetto di ‘biblioteconomia’:

La biblioteconomia è la disciplina che riflette sulla costruzione, organizzazione, gestione e uso, nonché sui linguaggi e sui servizi al pubblico della biblioteca, in quanto spazio fisico e virtuale e in quanto sistema che seleziona, conserva, tutela, descrive e trasmette, tramite bibliotecari professionali, quella porzione di universo bibliografico che possiede e a cui dà accesso per la lettura, la ricerca e lo svago: manoscritti, libri e periodici a stampa e digitali, carte geografiche, musica, fotografie, film ecc. Il bibliotecario svolge una funzione decisiva; egli ha una formazione culturale, una competenza tecnica e una funzione educativa verso il lettore: la biblioteca insegna, ovvero svolge la didattica di se stessa, per riprendere la lezione del bibliotecario e studioso indiano Shiyali Ramamrita Ranganathan (1892-1972). La professione bibliotecaria e la disciplina biblioteconomica hanno una medesima identità. Il bibliotecario e il docente di biblioteconomia svolgono ruoli diversi ma insistono nel medesimo alveo culturale e sono convergenti su un terreno che si nutre di proficui interscambi. Non sussiste una dicotomia tra le coppie bibliotecabibliotecari e biblioteconomia-professori, bensì un intreccio di competenze e finalità complementari.

La parola ‘definizione’ e il verbo ‘definire’ incapsulano al proprio interno la forma grafica e il concetto di finis, ‘confine’, che deriva dal latino confīne, neutro sostantivato dell’aggettivo confīnis, composto da cŭm, ‘con’, e fīnis. Il confine, dunque, è nello stesso tempo elemento di separazione e di connessione; è, in via metaforica, la pelle della disciplina. Questa base etimologica, evidentemente, vale per ogni tipo di termine linguistico, di oggetto, di ambito disciplinare, dal momento che, da un punto di vista lessicografico, il significato di una parola inizia a precisare a partire dalla delimitazione dei suoi confini, che la differenziano e nello stesso tempo la connettono, reticolarmente, all’insieme degli usi linguistici che a quella parola sono riferiti. Partire da una definizione, dunque, esprime sempre la volontà e il desiderio di delimitare i confini di un concetto, in questo caso complesso e articolato, che denota e connota il campo di una disciplina che non c’è sempre stato, e che a un certo punto della sua storia è stato dissodato, coltivato, e infine, appunto, delimitato e precisato. Così, in estrema sintesi, nascono tutte le discipline, come hanno mostrato nei loro classici studi Peter Burke e Michel Foucault.

Il primo elemento messo in evidenza nella definizione formulata è che il nomos, il principio di ordinamento che guida la costruzione del significato della parola, affonda le sue radici nelle biblioteche reali, e nell’agire professionale delle bibliotecarie e dei bibliotecari. Per questo si può coerentemente affermare che la disciplina e la professione bibliotecaria hanno la stessa identità, e sono fatte della stessa sostanza: teoria e prassi sono due facce della stessa medaglia.

Le pagine iniziali riconducono la biblioteconomia come disciplina alle azioni che gradualmente e cumulativamente hanno costituito il suo sancta sanctorum, locale e globale, l’universo bibliografico, o conoscenza registrata, risultato dell’avvenuto trattamento delle risorse bibliografiche, e che nasce e si alimenta ogni volta che un bibliotecario o una bibliotecaria associano a un oggetto del mondo reale un principio d’ordine che risiede nel linguaggio. La catalogazione, o, meglio, la metadatazione, costituisce dunque un autentico fine per il nomos delle teche di libri, e diventa necessariamente il fulcro dell’attività professionale: ciò che viene selezionato, conservato, tutelato, descritto e trasmesso è una “porzione di universo bibliografico”. Rimane aperta la domanda su che cosa farne di ciò che si situa al di fuori di questo indeterminato territorio linguistico, localizzato di fatto, principalmente, nelle registrazioni che popolano i database bibliografici. Ci limitiamo a prendere atto del fatto che di quelle masse di dati, magari per addestrarli alla generazione di contenuti testuali o visivi, si occupino altre comunità tecno-disciplinari? Ci troviamo insomma di fronte a un dilemma con cui si era confrontato più di venti anni fa lo stesso Michael Gorman, mettendo in evidenza i rischi, per il concetto classico di controllo bibliografico, derivanti dalla diffusione delle risorse informative in ambiente digitale. Ma oggi che l’opposizione catalogazione/metadatazione è da ritenere completamente superata, e in particolare grazie a opere dello stesso Guerrini, quale atteggiamento riteniamo di assumere rispetto alle relazioni anche dimensionali tra universo bibliografico e infosfera?

Potremmo rispondere a questa domanda situandoci all’interno di quei confini che prima sono stati richiamati; oppure, al contrario, potremmo interpretare quegli stessi confini come punti di contatto con gli strumenti, i metodi, le euristiche di altre tradizioni disciplinari, che di quegli stessi dati si occupano, per altre finalità e secondo diversi punti di vista. Ciò, secondo linee che saranno brevemente riprese alla fine, indica la prospettiva di cercare un punto di equilibro nuovo, dinamico, generativo e creativo tra tradizione e complessità contemporanea.

Dopo aver posto questa base, di fatto ontologica ed epistemologica, in cui si individua secondo Mauro Guerrini la vera e propria pietra angolare dell’edificio concettuale della biblioteconomia, la trattazione prosegue descrivendo l’agire del suo nomos storicizzato, nei diversi contesti e ambienti geografici e linguistici, ma in cui non è difficile intravedere la presenza di invarianti diacroniche. L’agire del principio apollineo del nomos, insomma, antagonizza il volto inquietante del suo doppio dionisiaco; il tempio metaforico in cui si compie questo rito ricorrente è quelle rappresentato dalle teche di libri, in cui sembra di poter intravedere tratti e caratteri, se non certezze epistemologiche, che vanno indubbiamente ben al di là della dimensione strettamente tecnico-applicativa della disciplina.

Il nomos della mediazione

Le biblioteche e la biblioteconomia, dunque, legittimano e giustificano la loro esistenza, sul piano storico e istituzionale, con l’organizzazione della mediazione tra le persone e la conoscenza registrata nell’universo bibliografico. Da ciò consegue, nella prospettiva di Guerrini, che se la funzione principale della disciplina è quella della mediazione, lo strumento centrale costituitosi per organizzarla è il catalogo o, meglio, le diverse tipologie di cataloghi allestiti e utilizzati per rendere disponibili vie concrete di accesso alla conoscenza, come recita il Manifesto IFLA/UNESCO.

Il percorso argomentativo proposto, come si è detto, trae origine da una definizione preliminare ampia e panoramica, espressa in primo luogo in linguaggio naturale: la biblioteconomia è il campo disciplinare che si occupa dell’organizzazione, gestione e uso delle biblioteche, e i suoi confini coincidono con quelli dell’universo bibliografico che in tal modo viene tracciato e delimitato.

Biblioteche, bibliotecarie, bibliotecari, biblioteconomia sembrano dunque tutti fatti di varianti di una stessa sostanza originaria, basica ed elementare. Senza scomodare nuovamente l’ontologia, tuttavia, possiamo limitarci a intuire, in tutte queste entità umane e non umane, una somiglianza di famiglia, nel senso di Wittgenstein, un qualcosa in comune, un’essenza unitaria. E quali sono, allora, le tracce storiche di questo divenire?

La biblioteconomia nella storia

Per non appesantire troppo l’esposizione si evita, in questa sede, di fornire dettagli sugli autori citati, presumendoli noti, e in ogni caso rinviando per approfondimenti alla bibliografia dell’opera.

La risposta a questa domanda è esposta attraverso una classica sintesi storica, basata sugli elementi e le periodizzazioni codificate dalla tradizione, dai Pinakes di Callimaco di età ellenistica al Registrum Angliae del XIV secolo, da Petrarca a Gesner, da Naudé a Possevino, da Panizzi e Lubetzky, da Otlet a Ranganathan a Shera. Come già si è detto in apertura, il divenire storico della biblioteconomia è costituito dall’insieme di tutte le opere in cui il nomos originario e archetipo si dispiega, anche attraverso le relazioni istituite con campi disciplinari contigui, primi fra tutti quelli della bibliografia e della documentazione, e dunque incrociandosi con le problematiche definitorie suscitate dall’adozione di nuovi, e in apparenza diversi, punti di vista metodologici ed esplicativi. Richiamando la monumentale Storia della bibliografia di Serrai, Guerrini accoglie la definizione della bibliografia come “la scienza delle comunicazioni che si verificano tra un insieme di registrazioni e gli utenti che intendono accedervi”, per cui, secondo Serrai, sarebbe possibile parlare, alla lettera, di “biblioteconomia bibliografica” (p. 27); poi, molto succintamente, vien dato conto delle definizioni del lemma ‘bibliografia’ offerte da autorevoli studiosi (da Balsamo a McKenzie, a Tanselle, e molti altri ancora). La biblioteconomia, nello stesso tempo, intrattiene rapporti stretti con la documentazione, “la disciplina che si occupa dell’analisi concettuale, dell’indicizzazione, della classificazione e del reperimento dell’informazione, indipendentemente dal tipo di supporto impiegato” (p. 31), e che a partire della fase fondativa di Otlet e La Fontaine si è poi sviluppata in particolare attraverso gli studi di Ranganathan, Briet, Buckland e, per l’Italia, Bisogno.

Nel paragrafo I confini della biblioteconomia contemporanea i concetti chiave descritti in precedenza sono, per così dire, sottoposti al vaglio degli imponenti fattori di mutamento in atto; ma, prima di dedicare un po’ di spazio ad alcuni di questi volti della biblioteconomia contemporanea Guerrini pone il problema della posizione gerarchica della biblioteconomia rispetto agli altri settori disciplinari dell’organizzazione accademica, tema cruciale sul quale anch’io ho avuto modo di intervenire direttamente, e sul quale si tornerà alla fine di questo contributo.

Il paragrafo successivo (Il lemma ‘biblioteconomia’) approfondisce la struttura etimologica di ‘biblioteca’ e ‘biblioteconomia’, discutendo le relazioni del nomos con quello di altri campi o sottocampi disciplinari, denotati con i termini Librarianship, Library Science, Library and information science (LIS). Il primo di questi termini, Librarianship, originariamente utilizzato per riferirsi alle competenze tecnico-pratiche del bibliotecario (insieme a Library economy), nella seconda parte del XIX secolo confluisce nel campo semantico della Library Science, per stabilizzare il suo significato a partire dalla prima metà del Novecento, in particolare con gli studi di Ranganathan e Butler, con i quali si cercano di definire gli aspetti propriamente scientifici della disciplina. Con la LIS, invece, il focus centrale di interesse è costituito non più dalla biblioteca ma dall’informazione; per questo la LIS è la disciplina “che studia, sul piano teorico e applicativo, i processi e gli strumenti con cui l’informazione viene prodotta, registrata, distribuita, immagazzinata e reperita, ovvero l’intero ciclo di vita dell’informazione stessa” (p. 48). L’indeterminatezza della informazione in quanto oggetto, scrive Guerrini, “non dovrebbe condurre a un senso di smarrimento, bensì spingere verso una presa di coscienza di una realtà in continua evoluzione, un campo di indagine epistemologicamente incerto, come la disciplina che cerca di inquadrarlo” (p. 49). A questo ambito di riflessione sono ricondotti, in particolare, gli studi e le elaborazioni di Miksa, Saracevic, Delsey.

Shiyali Ramamrita Ranganathan

La biblioteconomia in Italia

Una parte abbastanza ampia è dedicata poi alla presentazione di alcune delle personalità intellettuali più significative della riflessione biblioteconomica italiana, in ambito sia accademico che professionale. Alla “provincia” biblioteconomica nazionale (Biblioteconomia in Italia) è dedicata dunque un’attenzione specifica, che inizia con il richiamo alla definizione di ‘biblioteconomia’ (o ‘scienza bibliotecaria’) proposta nella Nuova enciclopedia popolare italiana del 1857, e ripresa da Desiderio Chilovi nel suo celebre articolo del 1867 Il governo e le biblioteche. In essa si legge che “Così chiamasi dal principio del secolo presente la somma sistematica di tutti i principii, parte teorici e parte desunti dall’esperienza, riguardanti la formazione e l’amministrazione di una biblioteca” (p. 53). In questo paragrafo, oltre a un’attenta analisi lessicografica, sono richiamate le principali riviste storiche, l’insegnamento nell’Università (a partire dalle Letture di bibliologia di Tommaso Gar a Napoli del 1865 e dai corsi di Albano Sorbelli a Bologna dal 1915- 16), fino alla nascita nel 1929 dell’Associazione italiana biblioteche, e vengono brevemente tratteggiate le particolarità delle “concezioni” di importanti studiosi e professionisti come De Gregori, Barberi, Casamassima, Vinay, Revelli, Maltese, Crocetti, fino agli sviluppi più recenti. Si tratta di una sezione interessante, non tanto per l’approfondimento dei contenuti, quanto perché vengono messe in evidenza la ricchezza e l’autorevolezza della tradizione biblioteconomica italiana, nei suoi punti di forza di maggiore rilievo, aperti non episodicamente a un confronto critico serrato con le prospettive teoriche, metodologiche, applicative elaborate dalla comunità scientifica e professionale internazionale.

Le metamorfosi della biblioteconomia

L’ultima parte del volume (La biblioteconomia in un mondo in trasformazione) è per certi aspetti la più sollecitante, per il fatto che si apre a una presentazione ampia, aperta e panoramica delle principali linee di tendenza in atto. Il lettore dunque, a partire dal rinnovato richiamo ai “valori durevoli” dell’approccio gormaniano, ha la possibilità sia pure rapida di confrontarsi con i campi della biblioteconomia gestionale e sociale, con le relazioni tra biblioteconomia e pratiche di lettura, con la biblioteconomia partecipativa (con particolare riferimento all’opera di Lankes), con le diverse facce della biblioteconomia digitale; con il web semantico e la biblioteconomia dei dati (Weinberger, Berners-Lee), per concludere la carrellata con il richiamo all’ecosistema Wiki, alle prospettive ancora nebulose della IA e al campo anche sfaccettato delle Digital Humanities. Il punto d’arrivo del volume, oltre a richiamare le più rilevanti riviste scientifiche, consiste in una sottolineatura dell’importanza, e forse della necessità, del consolidamento dell’apertura trasversale della disciplina, con una attenzione particolare dedicata alla contiguità con temi elaborati in ambito archivistico. La ricca bibliografia conclusiva consente di prendere visione delle diverse prospettive di elaborazione e ricerca presentate nel volume.

Quali prospettive per la biblioteconomia

Dopo aver descritto la struttura e l’articolazione interna del libro, vediamo ora di individuarne e discuterne alcuni elementi concettuali che sono da considerare particolarmente rilevanti, a partire dalla sede editoriale, la collana “ET” dell’AIB, che come già si è detto obbliga a compattare la trattazione in un numero di caratteri e di pagine limitato. Preso atto di questo, il libro non può trattare in profondità nessuno degli autori e degli argomenti presi in esame, e si limita dunque a proporre una esposizione densa e sintetica di un panorama disciplinare e professionale millenario, che può essere trattato panoramicamente solo nella modalità succinte e brevi di una voce in senso lato enciclopedica. Nel contesto di questa modalità di esposizione si individuano tuttavia alcuni elementi da ritenere particolarmente significativi.

Il primo è costituito dalla già richiamata dipendenza reciproca della biblioteconomia e delle biblioteche nella loro concretezza storica, viste in quanto luoghi dell’agire ordinante professionale, che trova probabilmente il suo punto di equilibro, secondo il pensiero di Guerrini, nell’opera di Michael Gorman e nei suoi enduring values (capacità di gestione, servizio, libertà intellettuale, razionalità, alfabetismo e apprendimento, equità di accesso, privacy, democrazia, bene superiore), non a caso analiticamente riportati all’inizio del paragrafo sulle trasformazioni contemporanee, come indicazione anche simbolica di una rotta e una prospettiva etica sicura e orientante, inserita anche nella cornice del pensiero sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU. Un altro aspetto che vorrei brevemente discutere riguarda poi la collocazione della biblioteconomia nel quadro generale delle discipline accademiche in Italia, e nei settori scientifico-disciplinari in cui esse sono ritagliate. L’attuale disposizione gerarchica delle relazioni tra aree disciplinari, macroaree, settori concorsuali e disciplinari è riepilogata con la Tab. 1, in cui, come si vede, l’intero ambito dell’Archivistica, della Bibliografia e della Biblioteconomia (ssd M-STO/08) è interamente riconducibile al campo delle discipline umanistiche dislocate nell’area 11 (Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche), separate da quelle, confinanti, dell’area 10 (Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche).

 

Area disciplinare

Macro-settore concorsuale

Settore concorsuale

Settore scientifico disciplinare

 

 

 

 

 

 

11. Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche

 

 

 

 

 

 

11/A Discipline storiche

 

11/A1 Storia medievale

M-STO/01 Storia medievale

11/A2 Storia moderna

M-STO/02 Storia moderna

11/A3 Storia contemporanea

 

M-STO/03 Storia dell’Europa orientale

M-STO/04 Storia contemporanea

11/A4 Scienze del libro e del documento e scienze storico religiose

 

M-STO/06 Storia delle religioni

M-STO/07 Storia del Cristianesimo e delle chiese

M-STO/08 Archivistica, Bibliografia e Biblioteconomia

M-STO/09 Paleografia

11/A5 Scienze demoetnoantropologiche

M-DEA/01 Discipline demoetnoantropologiche

Tab. 1. Organizzazione delle relazioni gerarchiche del ssd M-STO/08

La biblioteconomia descritta nel libro di Guerrini, come si è visto e intuito, fuoriesce abbondantemente da questi confini, e si apre a numerosi altri ambiti disciplinari, primi tra tutti quelli delle scienze sociali e delle culture digitali. La classificazione proposta dal Nuovo Soggettario - Thesaurus della Biblioteca nazionale centrale di Firenze è organizzata in modo radicalmente diverso, come si può agevolmente comprendere dalle voci qui di seguito elencate, a partire dal top term ‘Discipline’.

elenco

Discipline (Termine apicale)
Macrocategoria: Categoria
Azioni: Discipline

Nota d’ambito Azioni che, in particolari ambiti, prevedono apprendimento o insegnamento, ricerca e diffusione di conoscenze, strutture organizzative (università, centri di studio, ecc.) che fanno loro da supporto.

Termine più specifico
Discipline religiose
Discipline umanistiche
Ecologia del paesaggio
Gastronomia
Geografia
Scienze
Scienze mediche
Scienze sociali
Scienze umane
Tecnologie
Zooantropologia
[Discipline di applicabilità generale]

Termine più specifico
Cronologia
Futurologia
Grafologia
Metrologia
Ricerca operativa
Scienze dell’informazione
Macrocategoria: Categoria
Azioni: Discipline
Nota d’ambito Disciplina che studia il ciclo di vita dell’informazione, i processi e gli strumenti con cui viene prodotta, registrata, etc.

Termine più specifico
Archivistica
Bibliografia
Biblioteconomia

Informatica
Informatica giuridica
Organizzazione della conoscenza

Termine associato
Comunicazione
Documentazione
Informazione
Scienze della comunicazione

Statistica
Stereologia
Teoria dei sistemi

Questa trattazione potrà probabilmente sembrare astratta, circoscritta alle esigenze specifiche della comunità accademica. Se tuttavia, sulla scorta dei contenuti del volume qui preso in esame, consideriamo la riflessione scientifica e le pratiche professionali mutuamente dipendenti, allora da ciò consegue che la collocazione della biblioteconomia tra i settori scientifico-disciplinari dell’Università non è certamente neutra. Le relazioni tra i settori hanno evidentemente a che fare con le configurazioni organizzative e istituzionali dei dipartimenti, della facoltà, delle scuole di specializzazione, dei master, delle scuole di dottorato; e da queste configurazioni organizzative dipendono in buona misura i progetti di ricerca attuati, e la fisionomia delle politiche di reclutamento del personale docente. Quale sistema di relazioni è dunque il più adatto per consolidare e far crescere il campo disciplinare della biblioteconomia? Quello con la cultura e la metodologia della ricerca storica e filologica, oppure quello che guarda verso l’ambito delle scienze sociali e delle culture digitali? Oppure, come si cercherà di dire alla fine, il futuro della biblioteconomia può identificarsi con la scelta consapevole di un’identità vocazionalmente interdisciplinare?

L’ultimo aspetto che vorrei mettere in evidenza riguarda l’atteggiamento aperto e inclusivo che ha guidato l’inserimento, nella mappa dell’opera, sostanzialmente di tutte le più rilevanti articolazioni diacroniche e sincroniche della biblioteconomia internazionale e italiana, nella loro duplice fisionomia accademica e professionale.

Biblioteconomia: Lettore Ideale e Lettori Empirici

Entro i limiti e i confini qui richiamati si situano dunque le concrete modalità di lettura che il libro intende offrire al suo Lettore Ideale e ai suoi diversificati Lettori Empirici. Alla prima figura, quella del Lettore Ideale, visto come una sorta di doppio dell’Autore, credo che possano essere ricondotti i benefici di una trattazione condensata e sintetica, che privilegia lo sguardo panoramico rispetto a quello microanalitico. In questo senso, come ho avuto modo di discutere in altra sede editoriale, Mauro Guerrini, in una fase avanzata della sua personale riflessione ed esperienza di studio e ricerca, ha avvertito probabilmente l’esigenza di “fare i conti” con i confini dei territori disciplinari percorsi, come aveva scritto Primo Levi nel suo La ricerca delle radici: “A un certo punto del percorso, si avverte l’esigenza di fare i conti, tutti, e di cercare di capire quanto si è ricevuto e quanto dato; quanto è entrato, quanto è uscito e quanto resta […] Quanto delle nostre radici viene dai libri che abbiamo letti? Tutto, molto, poco o niente a seconda dell’ambiente in cui siamo nati, della temperatura del nostro sangue, del labirinto che la sorte ci ha assegnato”. In questa ricerca lo scrittore torinese (chimico e letterato nello stesso tempo) attribuisce, ex post, un ordine agli itinerari erratici delle letture effettuate, a partire dalla presa d’atto che, ex ante, “non c’è regola”. Mauro Guerrini, nella sua Biblioteconomia, si cimenta con una domanda non dissimile da quella di Primo Levi, affrontando l’impegnativo compito di delineare, circoscrivere, confinare, il campo disciplinare della biblioteconomia nelle sue diverse accezioni, articolazioni, implicazioni, interpretazioni.

Questa domanda, in modo più o meno sfrangiato, attraverso questo piccolo libro viene girata e posta a tutta quella variegata, indefinita e forse indefinibile confraternita di studiosi e di professionisti, del passato, del presente e del futuro, che, con le parole e con l’agire concreto, hanno cercato di descrivere la fisionomia di una biblioteca ideale (l’universo bibliografico), ritenuto ordinabile e di fatto concretamente ordinato nelle geometrie fragili delle biblioteche reali, riflesso opaco di un “bene superiore” (secondo il lessico di Gorman) che, come la cosa in sé kantiana, sembra tuttavia destinato a rimanere inesorabilmente altro. Quali possibili traiettorie di lettura questi Lettori Empirici, distribuiti nelle irregolarità dell’infosfera, riusciranno a tracciare, aderendo a qualcuna delle opzioni rese disponibili, oppure, nei casi più densi, aprendo anche nuove, e inedite, prospettive di interpretazione, in una successione potenzialmente incrementale? Non c’è una risposta univoca, naturalmente, e il libro, secondo la fisionomia che abbiamo descritto, conferma l’impressione di un continuo oscillare riflessivo intorno a un insieme di oggetti ubiqui ed elusivi (i “libri”), che tuttavia, incessantemente, avvertiamo il desiderio di ordinare, per poterli ritrovare e sentirsi rassicurati, o anche solo consolati, come ha confessato su base singolare e introspettiva Alberto Manguel, proprio perché a essi abbiamo attribuito una posizione chiara, precisa e individuabile. Lo scrittore argentino, nel suo bellissimo La biblioteca di notte, ha scritto che l’esigenza di intravedere un punto o modello di ordinamento trae origine da una domanda, da una ricerca, che manifesta lo “sconcertante ottimismo”, con cui “raccogliamo senza sosta ogni brandello di informazione che ci capiti sottomano in rotoli, libri e microchip, tra gli scaffali delle biblioteche, siano esse materiali, virtuali o di altra natura ancora”. Da dove trae origine questa domanda? Perché, si chiede Manguel, ordiniamo le cose? La risposta proposta, soggettiva e malinconica, è molto distante dalle certezze del razionalismo positivista, e si sostanzia nella costituzione e produzione di “un luogo illuminato nell’oscurità”: questa è la risposta, in Manguel individuale, alla domanda su che cosa si stava cercando, e perché. La mia impressione è che il libro di Mauro Guerrini possa aiutare molti lettori, ognuno con la propria cifra e il proprio stile, a “fare i conti”, nelle proprie esperienze riconducibili allo studio e alla professione, con l’inesauribile complessità del nomos delle biblioteche, senza lasciarsi sopraffare dalla malinconia per l’indeterminatezza del compito, ma anzi, e al contrario, traendo energia dalla consapevolezza che la biblioteconomia e le biblioteche sono, o possono essere, luoghi illuminati, capaci di generare effetti positivi, nella società e nell’intimità dei singoli, tra di loro inestricabilmente intrecciate e compenetrate.

Verso un fondamento interdisciplinare

Quali possono essere, infine, possibili percorsi per valorizzare e far crescere questa capacità della biblioteconomia di produrre effetti positivi? Risponderei che, sganciandosi dall’introversione dell’argomentare di Manguel, e tornando all’esteriorità istituzionale e organizzativa delle biblioteche reali, sia necessaria una fondazione del campo, nella sua variegata articolazione (e proprio a causa di questa) su un basamento della disciplina convintamente inter e tendenzialmente transdisciplinare.

La storia delle discipline, come ci ha mostrato anche la sintesi espositiva del libro di Guerrini, è costantemente rielaborata e riscritta, in base al modificarsi dei paradigmi, caratterizzati dai periodi di crisi e di “scienza normale” finemente indagati da Thomas Kuhn. In seguito all’evolversi della ricerca scientifica e agli atteggiamenti delle diverse comunità interpretative i confini delle discipline mutano, dal punto di vista epistemologico, metodologico, sociale, istituzionale, organizzativo, mentre i detentori del potere disciplinare continuano a coltivare la propria missione fondamentale, che consiste nel reclutare e formare nuovi discepoli. Sulla base di queste dinamiche le nuove discipline nascono, si stabilizzano, competono, si ibridano e si trasformano; da ciò deriva l’emersione di campi nuovi, provvisori e incerti, designati con i termini interdisciplinarità, multidisciplinarità, transdisciplinarità, postdisciplinarità, a cui, seguendo la proposta di un recente volume curato da Tomas Pernecky, potremmo aggiungere le ulteriori varianti costituite dalla presenza degli stili di ricerca individuali, che rendono l’oggetto dell’indagine ancora più nebuloso e confuso.

Pur nella sommarietà di queste considerazioni si intuisce quanto sia complicato riconoscere identità e differenze delle molte “tribù” disciplinari che talvolta si accordano per la delimitazione di campi di studio più ristretti, coltivati anche in ambienti extra-istituzionali, che assumono la fisionomia di domini di conoscenza, di aree di ricerca, o di ancora meno ampi profili di specializzazione.

Se dunque è in ogni caso difficile ricostruire il profilo di ogni disciplina, e della sua posizione nella geografia dell’accademia, ciò sarà ancora più problematico quando i suoi confini si situano all’incrocio tra teoria e prassi, tra elaborazione accademica e agire professionale, come nel caso della biblioteconomia.

Il tratto più evidente del libro di Mauro Guerrini, in questa cornice, sembra quello di cercare il bandolo della matassa disciplinare della biblioteconomia principalmente nei luoghi (biblioteche) e nelle persone (biblioteconomi, bibliotecarie e bibliotecari) in cui agisce il principio dell’ordinamento, che assume una valenza simbolica e metadisciplinare, in quanto presente, in grado e misura diversi, in tutte le occasioni in cui, con la metadatazione, l’universo bibliografico si costituisce. Questi elementi del libro possono essere realmente utili all’interno dei percorsi didattici di accesso alla storia e alla configurazione della disciplina, fornendo una mappa, sintetica come tutte le mappe, della biblioteconomia e di alcuni dei suoi più rilevanti argomenti. Inoltre il volume può essere uno strumento necessario anche per tutti quei professionisti desiderosi di comprendere meglio le cornici del proprio agire, e che non si ritengano soddisfatti dall’adesione solo empatica a traiettorie o monodimensionali o ipersemplificate del campo e dei confini, dell’oscillante nomos della disciplina. La fatica e l’impegno di una lettura attenta può dunque consentire, a chi lo voglia, di acquisire elementi importanti di consapevolezza critica, sulla base dei quali dovranno naturalmente fondarsi le scelte e le opzioni individuali, che si svolgano sui territori della ricerca e della professione. La Biblioteconomia di Mauro Guerrini, in questo senso, rappresenta uno strumento di base utile e necessario, sul quale possono agevolmente innestarsi livelli di approfondimento via via più articolati e complessi, adeguati ai diversi ecosistemi informativi in cui si differenziano le attività delle diverse tipologie di biblioteche contemporanee.